Campionati europei, finale della staffetta 4×100 maschile: il terzo frazionista azzurro sta per passare il testimone al quarto, partito con troppo anticipo. Dai dai dai, niente da fare. Ecco, questa potrebbe essere oggi l’immagine del Paese “Italia”: tanto sforzo per niente! Impegno certo, ma anche tanti errori, molta approssimazione, e un tentativo di cambiamento innanzitutto generazionale, che cerca di conquistare, di farsi spazio tra mille resistenze, duemila ripensamenti, milioni di nostalgie e un infinito “nostalgismo” purtroppo non solo dei molti reduci o futuri “ex”.
L’atletica è lo sport che vanta il maggior numero di praticanti nell’orbe terrarum, e il maggior numero di federazioni nazionali. Raggiungere risultati importanti a livello mondiale dunque è davvero molto difficile, perché la concorrenza è sempre quantitativamente molto numerosa e qualitativamente molto forte, anche nelle specialità più “tecniche” (asta, triplo, ostacoli, alto, lanci, marcia). E poi anche paesi demograficamente ed economicamente importanti, un tempo assenti o quasi – pensiamo solo alla Cina, alla stessa India, ancora cenerentola, ecc. – ormai si stanno prepotentemente affacciando con atleti sempre più forti e preparati, mentre l’Africa sforna ogni anno, soprattutto nel mezzofondo, decine di atleti eccezionali, alcuni dei quali davvero insuperabili, che poi prendono passaporti di altri paesi, in una sorta di campagna acquisti di stampo calcistico. Dunque per “sfondare” bisogna essere veri campioni!
Questa volta però, lo scenario di Zurigo era quello continentale, dove ci si doveva misurare con un panorama molto più limitato e meno competitivo. Un panorama però e perciò in grado di svelare più e meglio il livello medio della nostra atletica. Ora, onestamente, la risposta della pista e delle pedane svizzere non è stata molto incoraggiante. Nel medagliere, è vero che siamo nei primi dieci, ma con sole 3 (!!!) medaglie (2 d’oro: Libania Grenot nei 400 – la medaglia in assoluto di maggior valore – Daniele Meucci nella maratona – onesti anche i suoi 10000 – e una d’argento, ancora nella maratona, stavolta femminile, con la sempre brava Straneo). E gli altri grandi d’Europa? Beh, Gran Bretagna e Francia hanno preso 23 medaglie (12 d’oro la GB, 9 la Francia, ma sarebbero state 10>24 se Mekhissi non avesse fatto una … all’arrivo dei 3000 con siepi), 8 la Germania (4 d’oro), 22 la Russia, la Polonia 12, l’Olanda e la Spagna 6, la Rep, Ceca 4, la Svezia 3. Un confronto scoraggiante, che diventa fors’anche impietoso, se si guarda agli accessi alle finali.
Analizzando poi le varie specialità, beh, diciamo che, pur con qualche incoraggiante eccezione, se non siamo all’anno zero poco ci manca! Partiamo dalla velocità: in campo maschile, nei 100 m – dove con un modesto 10,30 si accedeva alla finale! – e nei 400 molto male, mentre nei 200 Diego Marani ha fatto vedere un’importante crescita; in campo femminile il livello medio è apparso migliore come cronometro, con la ciliegina della vittoria della Grenot ma anche del quarto posto nella 4×100. Ostacoli: nei 110 purtroppo Dal Molin non ha mantenuto le attese, mentre buone sono state le prestazioni dei giovani esordienti Fofana (13,55”, nuovo limite personale) e Perini; nei 400 però il solo atleta iscritto, il 26enne Capotosti, nemmeno a Zurigo è riuscito ad abbattere la “barrierina” dei 50” in un contesto francamente mediocre. Tra le donne l’esperta Caravelli ha dimostrato nei 100 hs di essere costante nelle sue discrete prestazioni, mentre nei 400 l’altra nostra cubana Pedroso, pur accedendo alla finale, è rimasta molto lontana dai tempi dell’anno scorso (54,54, record nazionale) in una gara vinta con un non certo eccezionale 54,48 dalla britannica Child.
Per quanto riguarda il mezzofondo: settore maschile, impalpabile; femminile, decisamente meglio soprattutto – ma non solo – grazie al quinto posto della 19enne Federica Del Buono nei 1500, con il suo personale. Nei salti e lanci, in campo maschile notte fonda!!! In campo femminile la veterana Chiara Rosa ha raggiunto il quinto posto nel peso, nonostante un infortunio alla mano, così come la Trost, reduce da diversi problemi fisici, è riuscita ad entrare nella finale dell’alto. Per il resto male. Infine nella marcia, nostro tradizionale punto di forza, per quanto riguarda la 20 km maschile, malino; femminile molto meglio con il quinto posto della 25enne Giorgi e, soprattutto, il settimo della giovane Palmisano. Nella 50 km, dominata, con la migliore prestazione mondiale di sempre, dal fortissimo francese Diniz, buono l’ottavo posto conquistato con il record personale dall’esperto De Luca.
Ora, che l’atletica italiana stia attraversando una lunga e delicata crisi è un fatto ormai provato, tanto che anche nelle specialità tradizionalmente ben rappresentate, almeno in campo maschile, (i 200 m, il mezzofondo, gli ostacoli alti e bassi, lungo e triplo) siamo progressivamente scomparsi dalla scena non solo mondiale ma anche europea. Resistono bene solo marcia e maratona. Qualcosa di meglio si vede in campo femminile, a testimonianza della crescita complessiva di tutto il movimento sportivo femminile italiano.
Bisogna allora chiedersi: è solo una momentanea mancanza di buoni talenti, oppure c’è dell’altro? problemi nel trovare e reclutare giovani potenzialmente validi, innanzitutto nelle scuole? problemi nella loro crescita sportiva, nel renderli competitivi? problemi di organizzazione di eventi sportivi innanzitutto a livello regionale? problemi delle piccole e medie società? Per esempio, appare davvero “strano” che nel paese di Siddi, di Berruti, di Ottolina, di Mennea, di Tilli ecc. ecc. non si riesca più ad avere velocisti di buon livello; che nel paese di Consolini, Tosi, Simeon, Martino, Andrei, Dal Soglio ecc. non ci siano più lanciatori almeno competitivi; che in tante specialità (settore maschile: 100, 200, 4×400, 1500, miglio, 5000, 10000, alto, peso, disco!), i record nazionali siano vecchi di almeno 20 anni denotando quindi una pericolosa involuzione?
Ancora, bisogna chiedersi se quanto riescono a fare gli altri grandi e medi paesi europei sia solo “frutto” del caso, del momento, e, per quanto riguarda Francia e Regno Unito, dei talenti d’oltremare, oppure – evidentemente! – , di una migliore organizzazione, a cominciare dalla scuola.
Infine, rimanendo nell’ambito dei misteri di Twin Peaks, c’è – ahinoi! – da sottolineare la totale assenza della Sardegna da questi Europei. Se solo si pensa ai velocisti e lunghisti sardi che, a partire dagli Anni 80, hanno fatto risultati importanti (Valentina Uccheddu, Rita Angotzi; Gianni Puggioni; Sandro Floris; Nicola Asuni; Giorgio Marras; Campus; Trentin ecc.), è davvero spiacevole dover constatare questa situazione. Sorge spontanea la domanda: e la federazione regionale?