MAX CARIA SUL TETTO DEL MONDO: IL 28 AGOSTO SI PARTE! [MARIO SALIS]

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Caria
(foto Max Caria)

 

Cosa c’entra De Gasperi con gli “Ottomila”, le quattordici vette che delimitano il tetto del mondo? Beh, si scrivono ancora libri per raccontare la vita e le imprese di coloro che lo hanno raggiunto, in tutti i sensi oramai – come nel caso del K2 – a quell’altitudine e passa, grazie a quell’azzurro terso che ti permette di distinguere la vetta dal bagliore accecante delle nevi perenni. E si scrivono libri, articoli e si dedicano feste per ricordare a 60 anni dalla scomparsa anche uno dei pochi grandi della nostra politica. Mi scuso con l’amico Adriano Sitzia, se traggo inizialmente spunto proprio dal suo articolo apparso sul nuovo blog Appunti Oristanesi (http://appuntioristanesi.wordpress.com), che offre nuove e stimolanti occasioni di rilettura della figura complessa di De Gasperi. uomo,  che nel 1946 a Parigi seppe contestare con garbo le dure condizioni della sconfitta inflitte al Paese, quando si ridisegnava l’Europa anche col pagamento dei danni di guerra – “in questo consesso mondiale sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me …” -; che andò negli Stati Uniti dal presidente Truman con un cappotto, prestatogli dal segretario della Democrazia Cristiana Attilio Piccioni; che morì povero nella sua piccola casa in Val di Sella, frutto di una donazione attraverso una volontaria sottoscrizione, e che fu restio ad accettare. All’apice della sua carriera, da politico consumato guardò pragmatico alle prossime elezioni ma da statista alle future generazioni. In quelle ultime ore, finché ebbe modo di esprimerle, chiese di poter girare il suo letto verso le montagne del Trentino laddove era nato, da suddito austro ungarico. Purtroppo le future generazioni non gli diedero se non eredi “illegittimi”, assai lontani dall’agire e dallo stesso essere politico di De Gasperi.
Fu proprio a De Gasperi che il palmarino professor Ardito Desio, scienziato, esploratore dal carattere non facile, capo spedizione della conquista del K2, friulano spigoloso e poco propenso alle repliche, che nella sua longeva esistenza oltre il secolo, ha unito doti non comuni di caparbietà ed ambizione, perorando l’impresa, ebbe a dire: “Eccellenza è l’occasione per ridare al Paese l’orgoglio di essere italiani, per aiutare l’Italia a fare un passo verso il cielo”. Desio, affabulatore convincente, parlò sicuramente di più del tempo concessogli, sottratto a ben  più gravi affari di Stato – come gli fu fatto intendere! – ma così fece i primi passi, rivelatisi decisivi verso quella impegnativa spedizione che segnò indelebile la storia dell’Italia, tanto da sopravvivere ancor oggi con la stessa intensità e passione, pur tra le attuali contraddizioni.
Oggi a mezzo secolo di distanza ecco un altro italiano che prova un 8000. Vi chiederete: dov’è la novità? Beh, la cosa nuova e per noi importante è che a provarci sarà stavolta un giovane Oristanese, un nostro concittadino: MAX CARIA! Il 28 agosto partirà alla volta del Monte Cho Oyu  8201 m.  la sesta montagna del mondo, tappa di acclimatamento e preparatoria alla spedizione sull’Everest che avverrà nel 2015. Dopo tutto, appena 647  metri  in meno.
Con Max avevo preso un impegno – v. http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=105729&typeb=0&Lassu-sulle-montagne-intervista-con-lo-scalatore-Max-Caria- lo scalatore sardo di Oristano  protagonista del Progetto Everest (www.maxcariaprogettoeverest.it/). La montagna incute fascino ma soprattutto rispetto, è un viaggio organizzato in tutti i suoi dettagli, un notevole sforzo fisico, sportivo. Comunque la si pensi: una profonda esperienza spirituale, che tira il fuori il meglio ed il peggio di una persona, e che non smette di porti delle domande. Quando arrivo in piazza Eleonora ad Oristano, già sotto le stelle di un pomeriggio inoltrato, mentre sta per iniziare – o almeno così sperano gli operatori commerciali –  uno shopping propizio per la travagliata economia locale, lo trovo già lì ad aspettarmi, seduto, assorto in concentrazione, mentre attorno la città sembra non immagini cosa farà a breve questo suo concittadino. Invece i suoi amici, molti nell’Isola, e quanti conoscono il suo progetto, lo sanno bene! Noi lo seguiremo prossimamente da qui come  in un campo base virtuale. Intanto una domanda tira l’altra, esattamente come in una cordata affiatata: 

Poco più di una settimana alla partenza. Sei soddisfatto della preparazione?

Sì, diciamo che credo di essermi preparato al meglio, e poi in ogni caso a questo punto è più redditizio concentrarsi sulle cose ancora da fare piuttosto che rimuginare su qualcosa che non è stata fatta come avrei voluto. Ma ripeto non ho rimpianti. Ho fatto i compiti a casa.

Quanto ha pesato vivere in un Isola?

Sinceramente più che altro avrei preferito avere a portata di mano qualche montagna più alta, per poter finalizzare meglio la preparazione.  Per esempio la Corsica è più piccola della Sardegna ma ha montagne che sfiorano i 3000 m. Comunque tanti alpinisti abitano in pianura. Forse abitare in Sardegna rende la sfida ancora più accattivante se possibile.

Cosa ti resta da fare ancora prima del 28 agosto?

Chiudere il borsone e rilassarmi Ormai il dado è tratto.

Appena arrivato, si comincia subito?

Praticamente sì, starò due o tre giorni a Kathmandu per sbrigare le pratiche burocratiche tipo permesso di scalata e visti vari e poi partirò per il campo base in Tibet.

Descrivici le tappe fino alla vetta.

Come dicevo, dopo i primi due giorni a Kathmandu il terzo giorno partirò per il Tibet. Al confine pernotteremo a 2300 m. circa per dare inizio all’acclimatazione. Il giorno successivo ci trasferiremo a Nyalam  3600  m. dove sosteremo due notti. Poi sarà la volta di Tingri  5000  m. E il giorno successivo arriveremo al campo base 4800  m. Qui sosteremo tre notti per dare modo all’organismo di proseguire nell’acclimatazione, dopodiché in due giorni di trekking (18 km) fino al campo base avanzato posto a quota 5700  m. Da quel momento si cercherà di raggiungere la vetta posta a 8201 m. passando per il campo uno  a 6400 m. – campo due a  7150  m. e campo tre a 7600  m. Praticamente una passeggiata.

Che tipo di paesaggi troverai lungo la salita?

Credo che il panorama sarà caratterizzato inizialmente da vegetazione lussureggiante, che con l’aumentare della quota lascerà spazio ad immense e pietrose vallate solcate da fiumi impetuosi fino ad arrivare ai piedi delle gigantesche montagne ricoperte di ghiaccio dalle  quali la vista potrà spaziare indisturbata quasi all’infinito.

I problemi della respirazione ad alta quota, quale alleanza tra gambe e polmoni?

L’uomo non è stato “progettato” per vivere ad alta quota o sott’acqua ma essendo quasi perfetto il nostro organismo riesce ad adattarsi o per lo meno a ridurre sensibilmente i disturbi arrecati da ambienti ipobarici ed iperbarici. Ad 8000 m. la pressione atmosferica è di circa un terzo rispetto al livello del mare quindi ad ogni atto respiratorio introduciamo circa un terzo dell’ossigeno con conseguente decadimento drastico delle nostre prestazioni. L’ossigeno è talmente poco che viene chiamata zona della morte perché non è possibile vivere a quelle quote ma solo rimanerci per qualche giorno. A tutto questo l’organismo prova a porre rimedio con l’acclimatazione sia acuta, ovvero aumentando la frequenza cardiaca e respiratoria, che cronica aumentando il numero di globuli rossi (ematocrito) e la vascolarizzazione periferica. Inoltre varia anche la pressione interna per non andare incontro ad edemi polmonari o cerebrali. È importantissimo che l’acclimatazione avvenga per gradi ed è per questo che si va su e giù per la montagna fino a quando il nostro organismo non sarà acclimatato.

Tra il monte Cho Oyu e l’Everest “appena” 647 m., ma cosa fa la differenza?

La quota tante volte è relativa. Il K2 è più basso dell’Everest ma è sicuramente più difficile.  Poi credo che sia come se due atleti migliorassero il record del mondo nella stessa gara. Tutti e due sarebbero andati forte come nessuno aveva fatto fino ad allora ma si parlerebbe comunque solo del primo.

Nello zaino ci sarà sicuramente tutto. Nell’animo?

Nello zaino tutto… nell’animo di tutto. Tanti pensieri contrastanti, tutto ciò che è stato e tutto ciò che sarà. La passione, gli affetti. La voglia di lasciare un segno e la voglia di non lasciare traccia. La voglia di tornare e quella di ripartire. Dare un senso a tutto quello che è stato o che non è stato. Magari tutto questo non ha senso o forse sì…

Dovrai contare soprattutto su te stesso,  invece starti vicino quanto e come?

Starmi vicino più che potete, poi ognuno di voi lo farà a modo suo.  Credo che il bello dei rapporti interpersonali stia nel fatto che ognuno da quello che può o che vuole e chi lo riceve magari riesce e trarne giovamento.