Meno di due settimane ci separano dall’elezione del nuovo segretario provinciale del PD da parte dei tesserati. In lizza vi sono due candidati: l’avvocato oristanese Roberto Martani, consigliere comunale ed ex capogruppo della lista “Insieme per Guido Tendas”, e il signor Alessio Mandis, sindaco di Gonnostramatza. In questi giorni Martani e Mandis si stanno affrontando in diversi confronti diretti nei vari circoli democratici della Provincia, illustrando le loro idee e i loro programmi per catturare l’attenzione soprattutto di indecisi e tiepidi, invero piuttosto pochi. Infatti, le truppe sono state già mobilitate e, quindi, a meno di clamorose sorprese, il risultato non dovrebbe essere in discussione. Intanto anche il segretario uscente, Gianni Sanna, da alcuni mesi non perde occasione per riproporre – in particolare su facebook – momenti, atti ed impressioni personali relativamente alla sua segreteria, durata la “bellezza” di 56 mesi. Eravamo all’inizio del 2010 quando Sanna prese in mano l’allora ancora giovanissimo Partito Democratico. Era stato eletto unitariamente, nonostante le forti divisioni e le spaccature tra gli oltre 1400 tesserati (circa 300 solo in città) e, soprattutto tra i maggiorenti. Un incarico dunque difficile e delicato per il quale Sanna fu da tutti scelto in virtù delle sue qualità politiche e personali, della sua esperienza, del suo acume, ma soprattutto della sua autorevolezza, con la quale avrebbe dovuto mediare tra le molte correnti interne, tra capi e capetti, senza farsi condizionare da nessuno, e invece alimentando quel dialogo fecondo, tale da rimescolare tradizionali appartenenze e consolidati schieramenti, e, nel contempo, aprire le porte a nuovi ingressi meglio se non ancora ascarizzatisi.
Come ben sa chi ha avuto la pazienza e la bontà di leggere ciò che, in momenti diversi, ho a tal proposito scritto, Sanna ha fatto esattamente l’opposto, diventando da subito il segretario solo di una parte ben precisa – con la quale aveva, evidentemente, stretto un accordo – a scapito di tutti gli altri, e, soprattutto, di quelli più pericolosi per i disegni suoi e del suo referente. Infatti la sua azione, fin dalle elezioni provinciali del 2010, tese a dividere e poi eliminare i gruppi più forti, così da liberare spazi ed opportunità per la sua parte e, ovviamente, per se stesso. E, bisogna riconoscerlo, i risultati non sono mancati: con l’efficace “dieta purgativa” di Sanna il Partito Democratico oristanese è decisamente dimagrito in iscritti (circa 600 in meno dal 2010) e in voti, diventando così più compatto e più facilmente controllabile, man mano che gli oppositori, grandi e piccoli, si rassegnavano alla quiescenza o prendevano la via dell’uscita. Oggi il PD oristanese, almeno per dimensioni, somiglia molto ai precedenti DS (anche perché poco è rimasto della “Margherita”).
Indifferente ad ogni critica, sordo alle richieste di mediazione, silente di fronte alle invocazioni di confronto e di dialogo, imperturbabile di fronte ai disastri elettorali, Gianni Sanna ha puntato diritto alle Comunali, lucidamente individuate come grande opportunità di affermazione personale, ancor di più dopo l’anticipata e traumatica conclusione dell’Amministrazione di Angela Nonnis. Consapevole che la partita della sua candidatura a Sindaco (la seconda dopo quella, non esaltante, del 1994) si sarebbe giocata dentro il PD, e, insieme, garantito dal sicuro ed incondizionato appoggio dei suoi amici, il vigoroso segretario ha premuto risolutamente l’acceleratore delle primarie di coalizione in cui egli avrebbe voluto essere l’unico candidato democratico. Ma, purtroppo per lui, il resto del partito, a furia di ingoiare mele cotte e prugne, cominciava a soffrire di un forte mal di pancia, tanto da riuscire persino a coalizzarsi per contrapporgli un forte avversario. In questo modo fu lasciata via libera anche ad altre candidature di esponenti democratici, che volevano dare sfogo alle loro più o meno solide ambizioni. A questo punto Sanna, ben compreso il rischio di una sonora batosta alle Primarie, ha preferito defilarsi e adottare nei confronti dell’Amministrazione di Centrosinistra, fin dal suo insediamento, una tattica di disturbo e di logoramento, in ciò peraltro favorito dalla palese stentatezza dell’azione di governo.
Al tenace segretario allora non è rimasto altro da fare che concentrarsi sulla città eterna, ovviamente non per motivi turistici. Anche in questo caso però era fondamentale ottenere il lasciapassare del partito oristanese, sempre afflitto dai soliti forti dolori addominali. In più v’erano da superare avversari se possibile ancora più tosti: la deputata uscente, Caterina Pes, e, soprattutto, il consigliere regionale Gian Valerio Sanna. Inutile e perfino tedioso mi risulta riproporre qui, per l’ennesima volta, come sono andate le cose. Basta ricordare che anche quella eroica “fatica”, pur portata avanti con abile e spregiudicata risolutezza dal novello Ercole, non gli ha portato i frutti sperati, risultando invece determinante per la rielezione della deputata uscente e, insieme, per l’interruzione – il futuro ci dirà se definitiva o solo temporanea – della carriera politica di Gian Valerio Sanna.
Che dire? Beh, alcune persone mi hanno, più o meno esplicitamente, accusato di astrattezza, di miopia politica, e, perfino, di essere roso da una incontrollabile rancorosa invidia. Può essere. D’altronde nessuno su questa terra ha la verità in tasca e tutti sono liberi di giudicare come meglio credono o anche come gli conviene fare. Una cosa però voglio ribadire: le mie critiche sono sempre state rivolte all’agire politico di Sanna e mai alla persona, e, soprattutto, sono fondate su precisi dati di fatto, a cominciare dai numeri. Fatti e numeri questi di Sanna, che hanno reso ancor più amara la mia delusione nei confronti di un partito che aveva suscitato grandi attese in me come in tanti altri ormai ex democratici.
Ricordo quando con Gianni mi sono ritrovato a condividere, dentro l’Associazione per il Partito Democratico, l’aspirazione ad un nuovo soggetto politico, moderno e capace di aprire una grande stagione progressista dove ridefinirsi ideologicamente e programmaticamente e costruire una politica fatta di qualità e di militanza insieme sincera, leale, partecipata, fattiva e senza figli e figliastri. Purtroppo il PD di innovativo ha finora mostrato ben poco! Chiuso, settario ed elitario, feudale e piramidale, ideologicamente superficiale, programmaticamente vuoto e fumoso, politicamente ingessato, il Partito Democratico non sarebbe mai stato in grado di opporsi elettoralmente al dinamismo propagandistico di Berlusconi, se non consegnandosi, come puntualmente è accaduto, nelle mani di chi del Cavaliere avesse emulato, anzi amplificato modi, mezzi e perfino atteggiamenti e comportamenti. Così, invece d’essere la grande novità tale da rilanciare la tetra ed impopolare politica italiana, il partito di via Sant’Andrea delle Fratte sta sempre più somigliando ad un Giunio Bruto levatosi per dare il colpo di grazia a quel poco che è sopravvissuto della buona politica. E su quel pugnale un po’ di forza, diciamocelo, ce l’ha messa pure il quasi ex segretario oristanese.