Quasi cento anni fa l’Italia entrava da protagonista in quel rosso catino che è stata la Prima Guerra Mondiale. Ne uscirà vincitrice ma con le ossa rotte tre anni dopo, entrando direttamente in una spirale di crisi economica e politica, da cui scaturirà poi il regime fascista con il suo nefasto portato .
Non v’è dubbio che la Grande Guerra sia stato l’evento più importante del XX secolo. Del resto, dal suo svolgimento ed esito, dalla pace di Parigi, definita dal generale francese Foch solo “un armistizio per vent’anni”, e dalle sue conseguenze, dirette ed indirette, sono scaturiti tutti i grandi eventi di questo tragico secolo almeno fino al 1989: dai nuovi nazionalismi ai fascismi, dal comunismo ai conflitti degli Anni Trenta, fino alla Seconda guerra mondiale, all’olocausto, alla divisione del mondo in blocchi con tutto ciò che poi ne derivò in termini di nuovi equilibri geo-politici ed economico-finanziari, in buona parte ancora “attuali”.
Ma nel contempo le trincee di questa spietata quanto eroica guerra qualche positivo lascito lo hanno dato: infatti hanno reso il nostro Paese più coeso, più “Italia”, proprio portando a combattere fianco a fianco persone delle più diverse origini e provenienze, che altrimenti difficilmente avrebbero potuto trovarsi, e, oltretutto, cambiando destini, e, insieme, idee e coscienze di tanti uomini.
In questo contesto, la Sardegna ha avuto un ruolo davvero importante. Per rendersene conto basta soltanto dare uno sguardo ai numeri: circa 100000 combattenti su una popolazione di 850000 persone (il 12 % ca.), quasi 14000 caduti, alcune decine di migliaia tra feriti, malati, invalidi e mutilati. I nostri soldati sardi poi si distinsero per coraggio e valore, tanto da essere, insieme ai Lucani, quelli con la percentuale più alta di decorati (quasi quattro ogni cento combattenti).
Non v’è centro sardo che non abbia il suo monumento con un elenco sempre nutrito di caduti, ai quali, ogni tanto, se ne aggiungono altri di recente identificazione.
E, per quanto lontana dai fronti terrestri, anche la Sardegna conobbe rilevanti episodi bellici: in particolare le acque sarde furono terreno di caccia dei già allora temibili U-Boote tedeschi. Tra le “prede” di questi micidiali mezzi vi furono la corazzata francese “Danton” (20000 t), affondata dall’U-64 del comandante von Moraht vicino all’isola di San Pietro nel marzo 1917, mentre era in navigazione da Tolone a Corfù, con un pesante bilancio di 296 morti; e, un anno dopo, presso Capo Figari, il piroscafo “Tripoli”, che collegava Golfo Aranci con Civitavecchia. Anche in questo caso il bilancio fu drammatico: infatti delle oltre 500 persone, che si stima essere state a bordo, almeno 288 persero la vita, tra cui molti ragazzi sardi della “Sassari”. Proprio nell’ambito di un progetto di commemorazione della Prima guerra in collaborazione tra Ministero della Difesa e Ministero dei Beni culturali, a fine ottobre scorso il cacciamine “Vieste” della Marina Militare, conducendo una campagna di ricerche sottomarine, ha localizzato quello che molto probabilmente è il relitto del “Postale Tripoli”.
Non si può poi non ricordare il grande campo di prigionia dell’Asinara, che “ospitò” per tutta la durata della guerra alcune decine di migliaia di prigionieri austriaci, con un’alta percentuale di decessi dovuti alle pessime condizioni di vita e sanitarie in cui almeno nei primi due anni questi sfortunati soldati dovettero sopravvivere.
Di fronte all’importanza di un tale anniversario, ci si sarebbe aspettato almeno un qualche interesse da parte dell’Amministrazione comunale di Oristano. Invece a tutt’oggi non si hanno notizie di eventi o di progetti programmati o messi in cantiere, ma solo qualche “rumor” attorno ad alcune idee tutte da sviluppare. Ora, pur comprendendo le gravi difficoltà, finanziarie, amministrative e politiche del momento, e conoscendo la stessa perenne instabilità di questa maggioranza, lascia comunque interdetti un così profondo silenzio su un anniversario di tale portata. Un silenzio che perlomeno qualche consigliere comunale, soprattutto della maggioranza, avrebbe da tempo dovuto rompere, magari proponendo iniziative e idee. In fondo l’Aula degli Evangelisti dovrebbe essere abitata non solo per bere acqua minerale e postare … su facebook, ma anche per proporre o, quantomeno, sollecitare chi di dovere a farlo. E invece, a conferma del giudizio negativo, che la città ha ormai dato su questo organo, niente, assolutamente niente!
Più volte da questo sito sono stati sollevati appunti circa la (inesistente) politica culturale dell’attuale Amministrazione e, in particolare, del suo assessore delegato, che poi è anche il Primo cittadino: su tutti la mancanza di un vero progetto culturale ad ampio respiro e con chiari e determinati obiettivi e scadenze. Un progetto che, se ci fosse stato, non avrebbe potuto “dimenticare” il primo centenario della Grande Guerra. “Tacere bisogna e andare avanti”? Sì, ma non in questo modo!