ELEZIONI 2015: CRESCE L’ASTENSIONISMO. A GALLA SOLO M5S E LEGA. LE CONTRADDIZIONI DEL PD E L’AGONIA DEL CENTRODESTRA [ADRIANO SITZIA]

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Urne

L’astensionismo trionfa ancora una volta in una tornata elettorale italiana. Il disinteresse degli Italiani nei confronti di questa politica fumo, pizza e … mandolino conferma il suo trend positivo, che lentamente ma inesorabilmente sta raggiungendo anche quelle zone tradizionalmente fedeli ad una certa politica. Soltanto grazie al Movimento Cinque Stelle è stato evitato, in questi ultimi anni, un vero e proprio crollo della partecipazione al voto, con tutti i potenziali rischi connessi. Infatti i “grillini”, nonostante tutte le polemiche interne – peraltro naturali in un movimento in fase di organizzazione – e, soprattutto, le frequenti “crisi di identità” di diversi loro parlamentari, stanno iniziando a “radicarsi” nel territorio, ottenendo anche a livello di amministrative buone performance elettorali. Vediamo qualche numero: due delle sette regioni in cui si è votato hanno visto partecipare al voto meno del 50 % degli aventi diritto. Si tratta peraltro proprio di due regioni dal punto di vista politico fortemente caratterizzate: Toscana e Marche. Ma anche in Liguria, Puglia e Campania la quota del 50 % è stata superata a stento. Solo in Umbria e Veneto, le uniche regioni con un calo di votanti di poco inferiore al 10 %, si è andati più vicini al 60 % che al 50. Questo fenomeno ormai riguarda anche le elezioni comunali, dove hanno il loro importante peso proprio i rapporti personali tra candidati e cittadini. Significativo a questo proposito è il dato di Arezzo, dove si è passati dal 72,1 % del 2011 al 57,4 % di ieri. Ma soprattutto interessa da (molto!) vicino la presenza attiva dei cittadini dentro i partiti. Le adesioni o “tessere” sempre meno numerose dovrebbero far riflettere sullo stato della nostra politica e della nostra democrazia. Dovrebbero appunto, ma, si sa, i dirigenti dei partiti hanno ben altro per la testa!
Accanto all’astensionismo va segnalato un altro dato, anch’esso in costante crescita e sul quale sarebbe necessario soffermarsi: la frammentazione. In ogni elezione ormai le schede sono sempre più affollate di simboli: dalle “liste civetta” a quelle “fai da te” è tutto un pullulare di nomi più o meno fantasiosi e più o meno “politici”. In questo vero e proprio circo i vecchi partiti dimostrano di non avere più la forza di gravità necessaria non solo per attrarre nuove leve ma neppure per tenere assieme chi già c’è (o c’era). Una lunga crisi insieme di identità e di credibilità e la scarsa volontà di cambiamento e di apertura stanno segnando questa fase declinante della politica partitica nazionale. Per quanto riguarda i risultati, se è vero – e molti media fanno a gara per sottolinearlo – che il PD conquista 5 regioni, perdendo solo la Liguria, è altresì evidente la forte erosione dei consensi per il partito di Renzi, la cui leadership, finora sempre in grado di tenere l’iniziativa mettendo tutti, minoranze interne incluse, di fronte al fatto compiuto, invece proprio nelle ultime settimane è stata costantemente sotto fuoco soprattutto amico. Così, oltre al dato negativo della Liguria, che non può essere imputato solo alle “partenze” di personalità che hanno in mente altri orizzonti politici, come Cofferati e Civati – il loro candidato, Pastorino, peraltro s’è fermato al 9,5 % -, non appaiono certo incoraggianti il flop della Moretti in Veneto, il vistoso calo dei consensi in Umbria, dove la riconfermata Marini, ha visto il candidato del Centrodestra Claudio Ricci, arrivarle a “soli” 13000 voti di distanza, e nella stessa Toscana, dove un altro riconfermato, Enrico Rossi, non ha superato la solita quota 50 %, normale per il Centrosinistra in quella regione. Tralasciando il complesso risultato campano, che meriterebbe un’attenta lettura, appaiono invece buoni i successi di Emiliano in Puglia e di Ceriscioli nelle Marche, dove, peraltro, il governatore uscente del Centrosinistra, Gian Mario Spacca, presidente per due mandati, si è ricandidato ma per la concorrenza, non andando al di là di un modesto 14,5 %. Credo che anche da comportamenti disinvolti come questo dell’ex governatore marchigiano, tragga alimento lo scarso interesse dei cittadini per la politica politicante (non a caso proprio nelle Marche non è stato raggiunto il 50 % di partecipazione). Per quanto riguarda il Centrodestra, al di là delle soddisfazioni di facciata, non a caso molto simili alle dichiarazioni dell’attuale dirigenza Milan sul radioso futuro della squadra, è indiscutibile il tonfo di Forza Italia, ridotta ormai ai minimi termini, tanto che perfino “Fratelli d’Italia” in alcune realtà è riuscita a superarla. La Lega del tanto vituperato Salvini, che però s’è sintonizzato sulla lunghezza d’onda di molti italiani, figli del disastro educativo di questi decenni, invece si conferma primo partito del mondo “moderato”, e Fratelli d’Italia pian piano si sta consolidando anche se su percentuali obiettivamente ancora modeste. Il famoso Centro continua ad essere residuale, pur persistendo qua e là sacche anche vistose di nostalgici. Mancano poi del tutto quelle aree politiche che invece in paesi di tradizione democratica trovano sempre il loro spazio elettorale. Penso soprattutto all’assenza lunga e, anche per questo, assai preoccupante del liberalismo e di quella socialdemocrazia evoluta che tanto hanno dato – spesso nel bene, ma anche nel male – alla storia politica europea. Un discorso a parte merita il Movimento Cinque Stelle che, persino nelle realtà più “difficili”, si attesta stabilmente su percentuali molto superiori al 10 % dei consensi. Gli ottimi risultati conseguiti dai suoi candidati in Liguria, nelle Marche, in Puglia, ma anche lo stesso quasi 12 % ottenuto in Veneto dimostrano che questa formazione ha ormai messo assieme un suo cospicuo patrimonio di credibilità e quindi di voti, destinato molto probabilmente a crescere. A prova di ciò si possono citare proprio alcuni risultati sardi: a Porto Torres il candidato a sindaco di M5S Wheeler sfiderà nel ballottaggio il veterano PD Mura, già sindaco nel 2005; a Nuoro il candidato M5S ottiene un buon 12 %, così come a Quartu il 10,3 %.

A proposito di Comunali, in provincia di Oristano sono state rinnovate molte amministrazioni locali, con risultati interessanti e con alcuni ritorni importanti. Così a Santa Giusta Antonello Figus riconquista la poltrona di Sindaco, superando nettamente – circa 550 voti – l’uscente Angelo Pinna. Terzo l’esordiente Garau con 293 voti. Invece a San Nicolò d’Arcidano si conferma “alla grande” Emanuele Cera, rieletto in maniera quasi plebiscitaria. A lui infatti sono andati ben 1371 voti rispetto ai 252 dell’avversario, l’ex consigliere provinciale di RC Vinci. A Paulilatino un altro ritorno, quello del dott. Domenico Gallus, che supera di stretta misura (27 voti) l’antagonista Paolina Tolu. Ritorno che invece non avviene a Mogoro, dove l’assessore provinciale, anzi da oggi ex assessore, ma soprattutto ex Sindaco Gianni Pia viene “doppiato” dal Sindaco uscente, l’ex assessore regionale di Soru, Sandro Broccia. A Ghilarza, uno dei più importanti centri della nostra provincia, purtroppo c’era un solo candidato, Defrassu, che ha superato il quorum, mentre ad Abbasanta il sindaco uscente Stefano Sanna ha battuto di stretta misura – 799 a 763 – un altro amministratore provinciale di De Seneen, l’ex consigliere di MpA, Serafino Mele. A questa vittoria ha senz’altro contribuito un altro ritorno nell’agone politico, quello di Gian Valerio Sanna. Infatti dopo esser stato “tagliato” dal PD oristanese e sardo, Sanna si è ripresentato ad Abbasanta, suo paese natale, da candidato consigliere, premiato con un ottimo risultato personale, ben 177 preferenze. Invece non è andata a buon fine un’altra rentrée politica, quella di Giovanni Marras, ex sindaco ed ex parlamentare forzista di Arborea, ora aspirante primo cittadino del suo comune di nascita. Gli elettori gli hanno nettamente preferito la biologa no-progetto Eleonora Manuela Pintus, eletta con oltre mille preferenze. Marras si è fermato a quota 442, preceduto anche da Marco Pinna, che ne ha ottenuto 559.

Infine Oristano. Perché? Anche ad Oristano si è votato? No, ma forse è giunto il momento di pensarci, e soprattutto di mettere in cantiere progetti politici finalmente “veri” e validi. Ora ad essere in gioco è il futuro stesso della nostra città.