APPUNTI MUSICALI 1: “… E ALLA FINE ARRIVO’ IL PUNK” [MARCO C.]

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Inizia oggi la collaborazione di Marco C. con “Appunti oristanesi”. L’obiettivo è, ovviamente, quello di ampliare lo spettro delle materie e degli argomenti trattati, offrendo nel contempo nuovi spunti di dibattito. In particolare la musica, protagonista assoluta delle rivoluzioni culturali successive alla Seconda guerra mondiale, è materia di indiscutibile interesse. A trattarne con competenza e passione nella rubrica “Appunti musicali” sarà il nostro amico Marco C., da sempre appassionato conoscitore e collezionista, che ringraziamo fin d’ora per quanto saprà dirci e darci.

Marco C. Jerry_Only_live_with_the_Misifts_Sala_Copernico_Madrid_2008-04-23_(3)

Se qualcuno, nella seconda metà degli anni ’70, avesse pensato che la vena creativa del rock fosse sul punto di esaurirsi, non aveva certo considerato il classico colpo di scena (o di coda), l’evento che cambia le carte in tavola, l’accadimento scatenante che rivoluziona tutto ciò che seguirà. Tale evento era quasi impensabile nell’ormai lontano 1976, e mai si sarebbe immaginato quale immensa portata innovatrice avrebbe rappresentato. Questa rivoluzione, insieme culturale, musicale e di costume, ma non – purtroppo o per fortuna – politico-sociale, prende il nome di “Movimento punk”, e si sviluppa soprattutto nei paesi anglosassoni, su tutti Inghilterra e Stati Uniti, per poi essere ripresa e “rimasticata” in molti altri paesi, Italia inclusa.
L’aggettivo “punk” in inglese significa “di scarsa qualità” ed è proprio su questo presupposto “qualitativo” che il movimento si è basato per quanto riguarda l’aspetto comunicazionale, sia che si tratti di musica, sia che si tratti di estetica. Il Punk nasce in seno alle classi sociali più disagiate, tra il proletariato urbano, la classe operaia e proprio tra i più giovani, dove i fermenti ideologici e sociali si facevano sentire in maniera prepotente. Il disagio sociale veniva esternato con un abbigliamento aggressivo e trasandato, eccessivo, provocatorio così come l’aspetto, il look delle persone – in particolare dei capelli.
Le stesse caratteristiche estetico-formali le troviamo nella musica: violenta e quasi sgraziata, caratterizzata da ritmi serratissimi, da riff di chitarra nello stesso tempo veloci e semplici, giri quasi elementari, specchio di una competenza tecnica praticamente inesistente – e infatti moltissimi “artisti” che hanno militato in punk band erano autodidatti. I testi poi erano fortemente provocatori e attaccavano indistintamente le classiche istituzioni sociali e politiche e cioè la famiglia, la Patria, la Corona inglese, la Chiesa e la religione: tutte quelle istituzioni considerate intoccabili dai benpensanti borghesi. Le canzoni punk, sparavano a zero su tutto e tutti, in nome di una sana e liberatoria anarchia. Gli strumenti usati non si discostavano da quelli canonici – chitarra, basso e batteria – ma il risultato e l’impatto emotivo e sonoro ottenuto dalle punk-band, era notevole. Perciò lo sconquasso musicale che ne derivò, cambiò per sempre la storia del rock che, come già successe con Presley prima e i Beatles dopo, non poté più essere lo stesso. Una nuova rivoluzione era appena cominciata …