Chi associa un certo modo di vestire al prog rock intellettuale anni ’70 (Genesis, ELP, Jethro Tull, Gentle Giant, Camel, Rush, Soft Machine ecc. ecc.) unico vero riferimento per quanto riguarda una risposta alternativa nell’ambito del panorama musicale di quegli anni? Nessuno, semplicemente, perché non esisteva un connubio look – genere come, invece, è accaduto nel decennio successivo. Nei ’70, il brano era il vero signore: tutta l’attenzione doveva essere rivolta esclusivamente al brano, alle sensazioni che doveva trasmettere, alla perizia tecnica dell’esecutore, al fraseggio musicale, all’aspetto sperimentale della composizione. Negli ’80, non a caso anni di edonismo e di culto dell’immagine, il modo di abbigliarsi degli artisti diventa importante almeno tanto quanto la loro musica, al punto di identificare un genere con un look. Così ogni genere venne evidenziato da un look quasi “specifico”, mutuato spesso dal punk ma opportunamente depurato dagli elementi più estremi, violenti o sgradevoli, sostituiti con altri, esteticamente eleganti, talvolta tratti da culture lontane nel tempo o nello spazio, come l’Inghilterra vittoriana o l’epoca dei pirati o dei corsari. Del punk rimaneva il trucco, appesantito da elementi che si rifacessero al genere precipuo (per esempio il famoso rossetto nero per le dark) o la colorazione dei capelli, anche se meno eccessiva nei generi succedutisi al punk. Chi non associa la new wave con giacche redingote oppure con giacche, al contrario, corte, quasi a mo’ di gilet, o con stivali anch’essi stretti su pantaloni da cavallerizzo, fasce da torero intorno alla vita, capelli cotonati e trucco vistoso? E che dire delle camicie tutte pizzi e volants dei new romantics? Il post–punk predilesse toni scuri, giacche striminzite, pantaloni sul grigio da travet di provincia e scarpe di vernice. Il dark, come dice il nome stesso, è stato un tripudio di nero, con le camice abbottonate fino al colletto, lugubri mantelle che arrivavano al ginocchio, anfibi e accessori che riproducevano croci o simboli esoterici.
I fan dei rispettivi generi emulavano i loro idoli, imitandone i gesti, gli atteggiamenti sofferti, le espressioni esistenzialiste, le pose. L’immagine diventava musica e la musica diventava immagine, favorita anche dalla diffusione dei primi videoclip. Da quel momento in poi, i due elementi si compenetreranno sempre di più fino a diventare indissolubili.
Si potrebbe pensare che la deviazione dell’attenzione dalla pregevolezza musicale all’aspetto dell’artista, fosse dovuta proprio alla qualità deficitaria della musica degli Ottanta. Invece, come sappiamo, non è così, o, meglio, è indiscutibile la qualità delle creazioni di tanti artisti. Lo dimostrano le odierne programmazioni radiofoniche nonché le molte ristampe discografiche di tanti brani 80’s, ormai diventati, a furor di … ascolti, veri e propri evergreen.