C’è stato un tempo, alla fine dei ’70, in cui il punk sembrava aver esaurito la propria vena creativa, sembrava aver perduto la propria forza ispiratrice e, dunque, annaspare in una sterile ripetitività, tra auto parodia e auto citazionismo. La breve e intensa stagione del punk pareva, quindi, volgere tristemente al termine, lasciando attonita un’intera generazione di rockers. E, invece, come la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, si assistette al sorgere di un altro genere di musica, derivato da esso e nei suoi confronti debitore per molti elementi, ma subito considerato a sé stante.
L’urgenza espressiva e gli strumenti usati (chitarra, basso e batteria) sono senz’altro gli elementi che il post punk aveva mutuato da ciò che l’aveva preceduto. A cambiare decisamente sono la profondità e la sensibilità nel loro utilizzo, con l’ausilio eventuale di tastiere estremamente discrete, almeno nella sua prima fase. La drammaticità della struttura canzone e dei testi, sofferti, toccanti, emotivamente coinvolgenti, raggiunge ora punte elevatissime, spessissimo trasportando nei brani il dolore e il nichilismo dei loro autori, uomini e donne dall’animo travagliato e, insieme, sognante, i quali hanno lasciato una traccia indelebile, con le loro composizioni, nella storia del Rock. L’allievo aveva dunque superato il maestro e gli wavers avevano finalmente trovato nelle canzoni post punk ciò che cercavano da tempo, ciò che il loro subconscio attendeva per riuscire a colmare il senso di vuoto e di solitudine che provavano o, forse, più semplicemente ad alimentarlo.
Ma cosa distingue il post punk dal movimento dal quale è derivato? Musicalmente, i ritmi sono diventati più ponderati, la frenesia è attenuata e l’elettronica inizia a far timidamente capolino ma quasi per cesellare le canzoni con misurati tappeti sonori dietro i soliti pilastri di chitarra e basso. A cambiare decisamente sono però soprattutto i testi: dove prima c’era l’impegno politico, l’attacco alle istituzioni, la protesta sociale, ora si fa largo l’universo dei sentimenti, delle emozioni, delle paure, dei dubbi. E’ l’individuo, con le sue contraddizioni, i suoi disagi interiori a diventare il soggetto privilegiato di questi testi che ne analizzavano attentamente, ne vivisezionanola gamma di pensieri, di emozioni, di turbamenti. Così solitudine, amori finiti, depressione, senso di smarrimento e di incompletezza sono sottolineati e amplificati da trame sonore oscure, talvolta ossessive quando non malinconiche e da cupe impostazioni di voce, profonde, tristi, perdute dietro pensieri e concetti inafferrabili e incomprensibili. Al contrario di quelle maschili, le voci femminili del post punk sono spesso aggressive, concedono poco alla malinconia e possiedono un timbro piuttosto “virile” che conferisce potenza e personalità. E’ il caso di Siouxsie Sioux con i suoi Banshees, di Elizabeth Fraser con i primissimi lavori dei Cocteau Twins e di Lisa Gerrard nella prima pubblicazione dei Dead Can Dance dal titolo omonimo.
Insieme al dark e all’elettronica, il post punk è uno dei 3 principali elementi sui quali si fonda la new wave, movimento poliedrico dalle mille sfaccettature, come si è già avuto modo di dire in precedenza, del resto insito in un nome già di per sé generico e quindi onnicomprensivo, in grado di includere con l’espressività tipica del punk anche evoluzioni secondo linee le più diverse e frammentate. Ed ecco che, a partire dai primi due album dei Velvet Underground e degli Stooges di Iggy Pop, nonché degli esordi degli MC5 e delle New York Dolls, lavori dove già a cavallo dei ’60 e ’70 erano evidenti i germi del punk, attraverso il punk vero e proprio dei Clash, dei Ramones e dei Sex Pistols, musicalmente elementare quando non rozzo, ci si evolverà verso forme espressive sempre più complesse ed articolate. Avanguardia della nuova scena musicale americana sarà Patti Smith, vera e propria “poetessa del rock”, che farà anche da fonte ispiratrice a due bands storiche come i Talking Heads e i Television. Nei Talking la frenesia del punk si fonde con chitarre sperimentali, un utilizzo moderato dell’elettronica e una ritmica con venature funky. I Television, invece, saranno influenzati, in particolare nell’utilizzo delle chitarre, da una certa psichedelia sixties, a conferma di come vi fosse decisa la tendenza ad allontanarsi dall’elementarità del punk della prima ora. Ma quelli appena citati non furono gli unici gruppi a fregiarsi del titolo: come non ricordare i Blondie, con la leader Debbie Harry, che contribuirono a far nascere il cosiddetto “disco-punk” o i Cars con le loro raffinatezze pop permeate di sperimentalismo e un pizzico di romanticismo o, ancora, i Pere Ubu, cantori di un art rock complesso ma fascinoso a base di rumorismo, ritmi isterici e vocalizzi assurdi?
Tanto per continuare nella citazione delle band storiche, è opportuno nominare i Residents, dai suoni contraddistinti anch’essi dal rumorismo, dall’avvento dell’elettronica e dal look misterioso, sempre nascosti com’erano da maschere al punto che, a tutt’oggi, le loro identità sono rimaste nell’anonimato; i Chrome, attratti da un suono caotico e distruttivo e i Tuxedomoon di Steven Brown che spaziavano dal pop alla musica da camera, toccando vertici inconsueti per quanto riguarda l’avanguardia sperimentale.
Tutto questo avveniva sull’altro lato dell’Atlantico. E in Europa? La Gran Bretagna rispose con gli XTC i quali, dopo i primi due album dal respiro pop-punk, produssero 3 splendidi lavori (“Drums and Wires” del ’79, “Black Sea”, del 1980 e “English Settlement” del 1982) dove il punk è un lontano ricordo mentre si fa assai importante la presenza di chitarre dalla psichedelia “sixties” di sapore “beatlesiano”, sorrette da elaborati arrangiamenti; gli Stranglers i quali, dopo un esordio all’insegna del punk insieme ad inclinazioni psichedeliche tracciate dalle tastiere, a partire da “Black and White”, “The Raven”, “The Meninblack” e “La Folie” esploravano melodie e strutture “progressive”.
E tanti, tantissimi altri, di qua e di là dell’oceano, hanno rappresentato delle vere e proprie pietre miliari nella storia della musica rock degli ultimi 40 anni, dai Fall ai Buzzcocks, dai Magazine di Howard Devoto ai Japan, agli Ultravox e ai Jam fino ad arrivare alla band diventata mito in ragione della tragica fine del suo leader, Ian Curtis, e cioè i Joy Division. Per alcuni, gli ex Warsaw sarebbero da inserire all’interno del panorama dark, ma la loro musica come stile e sonorità non può non essere inclusa dentro il panorama post punk. In ogni caso, sono un punto di riferimento imprescindibile per tante band, venute dopo.