Le elezioni comunali sono un qualcosa di complesso ed articolato, difficilmente riducibile a ragionamenti generali. Troppo forti e condizionanti appaiono infatti le variabili locali! L’unico dato che può essere generalizzato – o quasi – è quello della diminuzione della partecipazione al voto: circa 5,5 % in meno su scala nazionale, ma decisamente più “pesante” in centri importanti come Milano (54,65 %, meno 13 %), Torino (57,17 %, meno 9,5 %), Bologna “la rossa” (59,65 rispetto al 71,40 di cinque anni fa, dunque “meno” 11,75 %). La stessa Napoli non va oltre il 54,11 %, con un meno 6,2% rispetto al precedente 60,32.
In controtendenza è la capitale. Roma infatti fa segnare un – clamoroso? – “più”: + 3,34 con il suo 56,15 % di partecipazione. Non a caso però nella città dei sette colli è stata vistosa l’affermazione del Movimento 5 Stelle, vincitore indiscutibile del primo turno con i 453000 voti conquistati da Virginia Raggi, 133000 in più del secondo, il democratico Giacchetti (che, però, pare abbia vinto nei seggi del quartiere Parioli).
In Sardegna la partecipazione, almeno nei centri più grossi, è in linea con la tendenza nazionale. A Cagliari hanno votato 80917 cittadini, il 60,20 %. Nel 2011 la partecipazione aveva raggiunto il 71,44 %! A Olbia i votanti sono stati 31294, pari al 66,69 %, rispetto al precedente 78,81 %! A Carbonia la percentuale è stata del 61,72 % contro un precedente 70,20 %. Anche in provincia di Oristano il calo c’è stato, del 7,76 % (ma a Baradili la partecipazione ha segnato un + 10 %!!!).
Molto più difficile – come si diceva – risulta fare un discorso complessivo sull’andamento del voto. Indubbiamente il Partito Democratico appare in difficoltà elettorale, ma neppure le destre più o meno “moderate” – che brutta parola! – brillano. L’M5S alterna buoni riscontri ad altri al di sotto delle aspettative (forse più degli altri che dei “grillini”), anche se il suo radicamento nelle diverse realtà territoriali procede spedito (del resto diversi comuni medio-piccoli, come il sardo Dorgali, anche stavolta sono stati “conquistati” dall’M5S). Ma – ripetiamo – ogni realtà è un caso a sé. Come spiegare altrimenti i diversi risultati di due candidati PD, Giacchetti a Roma e Valeria Valente a Napoli? Il primo acciuffa il ballottaggio superando di 45000 voti Giorgia Meloni, la Valenti cede per 11000 voti la seconda piazza al forzista Lettieri. Entrambi partivano da una situazione interna molto difficile, anche se Giacchetti ha avuto in dote – si fa per dire – anche la traumatica conclusione della breve esperienza di Marino sindaco.
E nell’isola di Sardegna? Di vere novità se ne sono viste poche. Quella che avrebbe potuto essere la più significativa, l’alleanza identitaria proposta ad Olbia dai Sardisti insieme a Unidos, La Base, Sardigna Natzione e a una lista civica, con candidato Sindaco il giovane Marco Balata, si ferma ad un mediocre 5,6 % (pessimi i risultati delle liste, esclusa forse la civica). Certo Olbia è città (relativamente) ricca, in cui i blocchi politici tradizionali – PD e le destre – sono ancora molto forti e radicati (e infatti vanno al ballottaggio). Ma proprio il buon risultato olbiese dell’alternativo M5S (5500 voti) dimostra quanto pesi a tutte le latitudini l’italianitudine, veicolata a tambur battente dai mass media, rispetto alle proposte politiche che mettono al centro la Sardegna e le sue realtà, confinate sempre più in angusti angolini di un dibattito politico quanto mai anemico (vedasi Oristano per esempio).
Per il resto si conferma il radicamento del Movimento di Grillo, che fra l’altro conquista, con Paola Massidda, il ballottaggio nella difficile realtà di Carbonia. Qui la giovane candidata se la vedrà con l’armata di Centrosinistra guidata dall’uscente Casti, ben lontano però dai fasti della sua precedente elezione – al primo turno – del 2011.
Per quanto riguarda Cagliari Massimo Zedda, alla guida di una coalizione di Centrosinistra con ben 12 liste, vince la competizione elettorale, superando nettamente l’esperto onorevole Piergiorgio Massidda, che invece lo aveva battuto nella gara dei simboli: addirittura 14, tra cui un significativo “Nessun dorma”! Invece questa partita elettorale è stata proprio all’insegna della camomilla. Una camomilla tanto propagandistica quanto programmatica, e come tale avvertita da molti cittadini, che non hanno ritenuto importante scegliere tra zuppa e pan bagnato. Così neppure M5S è riuscito nel miracolo di svegliare la bella addormentata, fermandosi ad un modesto 9 %.
Insomma niente di nuovo sul fronte occidentale. Forse non c’è – ancora – in Sardegna una vera proposta alternativa credibile tale da suscitare vero interesse se non movimento. Forse manca anche una classe politica di “disobbedienti” o di “cani sciolti”, intimamente convinti di esercitare quel ruolo critico-propositivo impossibile dentro la politica tradizionale ed i suoi soggetti. Ma probabilmente manca proprio un elettorato pronto a confrontarsi con eventuali novità, a stimolare opzioni politiche che mettano in crisi i tradizionali riferimenti e le radicate convinzioni, e che guardino finalmente al futuro e non all’oggi o, peggio, a ieri.