LA RIFORMA COSTITUZIONALE: PENSIERO STUPENDO? [ADRIANO SITZIA]

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referendum-2016Tra gli ultimi interventi “vip” per il fronte del “SI”, oltre a Benigni, Federico Moccia e Susanna Tamaro, merita sicuramente maggiore attenzione per qualità e spessore l’articolo di Luciano Violante apparso alcuni giorni fa sul “Corriere”, in cui l’ex magistrato, parlamentare e docente universitario riprende concetti e argomentazioni peraltro già utilizzati in altri suoi precedenti interventi. In sostanza il suo ragionamento si può articolare in tre punti-chiave, che hanno come comun denominatore la concretezza. Infatti, secondo Violante, occorre prendere atto “di un drammatico problema politico: siamo instabili e lenti nelle decisioni, perdiamo competitività, non garantiamo il futuro dei giovani. … Abbiamo il dovere di impegnarci per un dibattito realistico, in positivo, sull’Italia da costruire e sui tempi di questa costruzione. La perfezione delle singole soluzioni tecniche è importante; ma è più importante il Paese che lasceremo a chi verrà dopo di noi”. Vediamo dunque gli argomenti di Violante.
Punto 1 – Meglio una vera proposta di riforma come la Renzi-Boschi che niente! Infatti chi ha voluto e sostenuto questa riforma ha – scrive Violante – “una visione realistica, certo non perfetta ma in grado di far funzionare meglio il Paese”. Inoltre è stato capace di raccogliere le firme per permettere ai cittadini di pronunciarsi. Dall’altra parte, invece, il variegato fronte del “NO”, che – sottolinea Violante – non difende mica l’esistente, “al di là delle critiche, a volte fondate, a singole regole, non ha una proposta alternativa e non ha neanche raccolto le firme per permettere ai cittadini di pronunciarsi”! Dunque, conclude Violante, rivolgendosi evidentemente a chi si oppone alla Renzi-Boschi, “se quella disegnata dalla riforma non va bene, ci si dica quale è un’alternativa che abbia almeno la stessa incisività e tempi analoghi di attuazione”.
Punto 2 – Con la Renzi-Boschi l’Italia entrerà nel futuro, per cui il referendum del 4 dicembre 2016 può segnare una svolta epocale, così come lo fu il 2 giugno 1946. Questo perché la nuova riforma “non riguarda solo alcune regole giuridiche. Riguarda il parlamento, il governo, le regioni, il riconoscimento di alcuni nuovi diritti dei cittadini e delle minoranze parlamentari. Riguarda la società e le istituzioni, quindi l’intero Paese. Per queste ragioni non è assimilabile ad alcun altro referendum recente. Neanche a quello che si tenne nel 2006 sulla riforma approvata dal centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Quella riforma, …, era incentrata attorno al federalismo e su questo terreno venne sconfitta perché al Nord se ne temevano i costi e al Sud si temeva l’abbandono da parte dello Stato nazionale. Il prossimo referendum ricorda piuttosto quello del 1946 sull’alternativa tra Monarchia e Repubblica”. Oggi come allora “decideremo sull’Italia di domani, cosa dev’essere, come e quando costruirla”.
Punto 3 – La riforma Renzi-Boschi è un buon punto di partenza per ulteriori aggiustamenti e miglioramenti: “Se ci sono singole regole da correggere, e ce ne sono, lo si potrà fare subito dopo, come accadde per la Costituzione del 1948, recependo le osservazioni dei contrari alla riforma”.
Il problema dei ragionamenti come questo, che muovono appunto dalla necessità di concretezza, di efficientismo, e dall’ineluttabilità di guardare avanti, di guardare al futuro, sta proprio alla radice, la concretezza, che in Italia spesso equivale al “meglio questo che niente”, che, a sua volta, equivale al “meglio poco che niente”, al “chi si accontenta gode” o, per dirla con i latini, “minima de malis”. Insomma, amici, “turatevi il naso” e votate ‘sta roba qui, perché, badate bene, l’alternativa non c’è! Ora, possiamo davvero pensare che la “grande riforma” di un Paese possa essere proposta sulla base dello slogan “Meglio di niente!”?
In conclusione d’intervento Violante cita Keynes a proposito del capitalismo “non è bello, non è intelligente, non è virtuoso … Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto restiamo estremamente perplessi”. La citazione, che ricorda l’aforisma altrettanto famoso – ed efficace – di Churchill sulla democrazia, in questo caso, ha come soggetto la riforma Renzi. Ora proviamo a cambiare il soggetto: mettiamoci “costituzione italiana”: ok non è bellissima, è troppo declamatoria, ma … “quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto restiamo estremamente perplessi”! Che dite, suona bene lo stesso? Sì, suona bene perché stiamo parlando della legge fondamentale dello Stato! Una legge che, nel bene e nel male, con tutti i suoi (tanti) limiti, ha fatto funzionare una giovane democrazia come l’italiana per settant’anni! Ma adesso qualcuno vuole – motu proprio! – cambiarla secondo le sue volontà e, in un certo senso, dettando anche le regole, e, per convincerci, ci dice “adesso non c’è di meglio”, e “ehi, badate che quelli schierati contro, anche loro volevano cambiare la Costituzione!”; ancora “ehi, guardate che quelli del “NO” non ce l’hanno mica una riforma confezionata e pronta all’uso come la nostra!”. Questi sono altri argomenti francamente molto deboli. Intanto, gli antichi Romani ci insegnano che “simul flare sorbereque haud factu facile est”: non è per niente facile soffiare e bere insieme, per cui a buon intenditore … Poi, attenzione all’articolo 138, quello sull’iter di revisione costituzionale, allorché ci dice che le leggi (di revisione costituzionale) non approvate con maggioranza di due terzi da ciascuna Camera, “sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. Ora, avendo i parlamentari (di entrambi gli schieramenti) ottemperato alla richiesta secondo l’articolo 138, le 500000 firme raccolte dal “SI’” risultano pleonastiche (spazi ma anche rimborsi elettorali?). Ora, alla lettera le parole del 138 non illustrano, come invece oggi ci viene continuamente ripetuto, un referendum “confermativo”, bensì “oppositivo”, non avendo la legge di revisione raggiunto in Parlamento una maggioranza tale da coinvolgere la gran parte del quadro politico rappresentato. Una tale osservazione risulta ancor più valida in tempi di maggioritario spinto – e di parlamentari nominati – quali sono gli attuali! Ancora: per opporsi referendariamente ad una revisione costituzionale non occorre mica avere pronta l’alternativa o le alternative. Infatti i cittadini non sono chiamati alle urne per scegliere tra diverse opzioni: devono invece giudicare, approvare o respingere, una ben precisa legge! Una legge – va sempre ricordato – proposta dal Governo – ossia da chi in Italia esercita il potere! – e approvata dal Parlamento attraverso tutta una serie di forzature normative e politiche:
– la sostituzione nella Commissione affari costituzionali del Senato di Mauro e Mineo;
– il “canguro” (accorpamento di emendamenti dal contenuto analogo in un’unica votazione), utilizzato in Senato, benché il suo regolamento non lo preveda;
– la “tagliola”, cioè il contingentamento dei tempi di discussione;
– le sedute-fiume;
– il Cociancich (emendamento sostitutivo di riscrittura dell’intero art. 1 sull’elezione del Senato);
– la frettolosa riduzione ai minimi termini dei lavori delle Commissioni parlamentari;
ecc. ecc.
Una legge che, comunque vada, ha già diviso, anzi spaccato in due il Paese! E tutto ciò senza voler entrare nel merito di ciò che lo stesso Violante definisce “singole regole da correggere”!
Quanto alla “riforma Berlusconi”, che secondo Violante, sarebbe stata bocciata dagli Italiani perché “federalista” (sic!), basta ricordare le similitudini tra la stessa e la Renzi-Boschi, dalla clausola di supremazia e di interesse nazionale al “premierato”, dalla fine del “bicameralismo perfetto” alla riduzione del numero dei parlamentari (un po’ più seria quella del 2005), fino alla stessa riduzione delle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni. Tutti argomenti – e non solo quello federalista – utilizzati dall’allora fronte del “NO”, DS e Margherita, alias futuro PD, in testa! Come son mutati velocemente i tempi (e non solo quelli)!
Il 2 giugno 1946 è stata veramente una svolta per il Paese, una svolta coraggiosa anche se dovuta alla catastrofe bellica! Una svolta che mise la prima, fondamentale pietra per l’edificazione del nuovo (o, più esattamente, rinnovato) edificio statale italiano, dopo un iter che passò per l’elezione – lo stesso 2 giugno!!! – con metodo proporzionale puro di una Costituente, la scrittura di una nuova Carta costituzionale, la sua approvazione ed entrata in vigore nel 1948. Vogliamo giungere ad una nuova svolta? La storia nazionale ci indica chiaramente la via!