“…È sempre più praticabile uno schieramento alla prossime regionali nel quale un’ampia coalizione non esprima simboli di partiti italiani, ma sigle civiche sarde che facciano riferimento a diverse correnti di pensiero europee e a diverse alleanze politiche italiane e europee. Pensare in questo modo avvicinerebbe la Sardegna all’America rivoluzionaria del Settecento, dove l’interesse nazionale unì ceti e persone divisi invece nella concezione del mondo. Le prossime elezioni amministrative a Oristano potrebbero essere un ottimo laboratorio di coalizioni nazionali sarde”. Così Paolo Maninchedda, assessore regionale della Giunta PD-altri ma soprattutto leader (indiscusso) del Partito dei sardi, si è espresso solo poche settimane orsono. Dunque “coalizioni nazionali sarde a Oristano” avrebbero dovuto essere l’obiettivo del Partito dei Sardi nel laboratorio oristanese! Poi lunedì 9 gennaio prima riunione del fu Centrosinistra oristanese, con PD (rappresentato dai massimi livelli provinciali, Pes e Solinas inclusi) più altri. E gli altri, invero assai pochi, erano: l’ex segretario provinciale di SEL, l’ing. Serra, intervenuto a titolo personale; il responsabile provinciale dell’UPC, G. Marras con il (suo) capogruppo in Comune di NoiOr/Non-ancora-UPC G. Lai; e – udite udite! – il segretario “nazionale” dei Partito dei sardi Franciscu Sedda ed il consigliere regionale bosano dello stesso partito, dott. Cherchi.
Le immagini di questo incontro trasmesse da un’emittente locale hanno fatto storcere più di una bocca, non tanto per la presenza nello stesso tavolo del passato recentissimo e del presente dei Sovranisti oristanesi, quanto proprio per la loro autorevole partecipazione ad un consesso che tutto è tranne un “laboratorio di coalizioni nazionali sarde”!!!
Un amico, commentando il servizio televisivo, ha paragonato questo comportamento del PdS addirittura al tentato ingresso dei Grillini nell’ALDE a Strasburgo: un atto “contronatura” lo ha definito! In verità il paragone proprio non regge. Quella di M5S è stata una svolta improvvisa, inattesa, programmaticamente difficile e decisa dai vertici. In Sardegna invece il PdS, alleato del Partito renziano alle Regionali 2014, è pian piano diventato, con i suoi cinque consiglieri regionali, vera e propria, indispensabile stampella della maggioranza “PD più altri” in quel di via Roma. In più, grazie all’abilità del suo assessore-leader, ha fatto spesso valere il suo peso nelle decisioni prese a Cagliari, mentre sul territorio sta portando avanti un’importante opera di radicamento, ora facilitata dai nuovi ingressi in Regione. Il tutto rimanendo riparato dall’ombra del PD sardo, che, invece, continua a indebolirsi per le sue genetiche fibrillazioni interne, oggi amplificate – Oristano ne è un evidente esempio – dal cleavage tra base elettorale e dirigenza/rappresentanza istituzionale (solo il “beato” GT non se ne accorge, o, più probabilmente, finge di non accorgersene). Il referendum costituzionale di dicembre a questo proposito è stato eloquente.
Dunque una posizione, quella di Maninchedda & co., che potremmo definire di “tregua attiva”, un po’ democristiana e un po’ leghista, in attesa di futuri sviluppi. Sviluppi che potrebbero essere persino molto interessanti se si confermassero anche alle urne quei numeri venuti fuori da alcune recenti ricerche, secondo cui oltre il 40 % dei Sardi aspirerebbe ad una Sardegna indipendente. Del resto la pesante crisi economica e sociale della Sardegna, la crisi dei partiti e delle ideologie, la scarsa credibilità della “vecchia” politica, l’abbandono da parte dello Stato – ma anche dell’attuale Regione Cagliari-centrica! – delle “periferie” (sic!) per quanto riguarda servizi e infrastrutture, la debolezza ormai palese della nostra specialità e la stessa crescente “inesigibilità” dello Statuto, la vertenza entrate, la continuità territoriale, le troppe promesse mancate, le servitù militari, i 41 bis trasferiti massicciamente sull’isola, il deposito nazionale delle scorie nucleari, ecc. ecc. , facendo aumentare la percezione di una Sardegna come “Italia di serie b” e, quindi, la sfiducia in Roma e nei rappresentanti sardi dei pochi partiti nazionali rimasti, spingono pure persone già “continentalofile” a ricercare se non nell’indipendentismo sicuramente nell’identitarismo, nuovi stimoli e spazi politici.
Ma … c’è un “ma” ed è il vero rischio che, a mio avviso, corre il PdS, proseguendo in questa strategia politico-organizzativa: diventare una sorta di riedizione anche un po’ scolorita di quelle sigle partitiche, che fungendo da ruote di scorta del potere DC si preclusero la costituzione di una forte e solida base ideologico-motivazionale e dunque elettorale. Riuscirà Maninchedda a evitare questo pericolo, cogliendo il momento giusto per diventare reale – e non solo “orale” – punto di riferimento dell’arcipelago identitario sardo?
Resta infine da chiarire, sempre riguardo al Partito dei Sardi ed al suo ruolo qui in città, il rapporto con l’ex consigliere ed assessore regionale Gian Valerio Sanna. “Un politico che fa delle scelte anche contro le proprie convenienze – ha recentemente scritto Sanna a proposito della sua mancata nomina alla presidenza dell’AREA – è sempre un politico lungimirante e saggio e per questo considero Paolo Maninchedda un’isola nel mare torbido di questo tempo pubblico, un punto fermo da rispettare e da guardare con attenzione ed interesse”. Parole queste che, unite alla rivendicata amicizia tra i due, farebbero pensare ad una collaborazione politica attiva dello stesso Sanna al movimento sovranista del suo amico Maninchedda. Una collaborazione a questo punto però molto difficile, dopo il costante “boicottaggio” operato dal PD nei confronti dell’ingegnere abbasantese, iniziato con le ultime elezioni politiche, proseguito con le Regionali 2014, con il Consorzio UNO e, adesso, con la faccenda della presidenza AREA. Un boicottaggio al quale l’ex presidente della Provincia ha risposto prima abbandonando polemicamente il PD, poi iniziando un altro percorso, che, per esempio, in città lo ha portato a lavorare per alleanze alternative a quella “PD più altri”. “Non ho più nessuna tessera di partito– ha detto Sanna – ma non è detto che ci ripensi, in fondo la vita insegna e sarebbe sconveniente non imparare”. E’ sempre un buon consiglio.