Dunque 1.848.658 cittadini over 16 hanno deciso di partecipare alla sesta edizione delle Primarie nazionali targate PD, svoltasi domenica 30 aprile dalle ore 8 alle ore 20. Erano 4.311.000 nel 2005, 3.554.000 nel 2007, 3.102.000 nel 2009, 3.110.000 e 2.802.000 (secondo turno) nel 2012, 2.815.000 nel 2013, l’anno della prima vittoria di Matteo Renzi. Un trend senza dubbio in costante calo. Se poi si confronta soltanto il dato più recente (2013) con quello di ieri la flessione è davvero importante: 967.000 votanti in meno!!! Ciò nonostante i dirigenti PD un po’ a tutti i livelli – e in tutti i canali tv! – hanno urlato la loro soddisfazione per lo scampato flop. “Siamo ancora vivi!” hanno cantato all’unisono. Lo ha fatto innanzitutto Matteo Renzi, l’indiscusso trionfatore, il protagonista di questa vittoria annunciata, risuscitato dopo il tonfo del 4 dicembre 2016. Lo ha fatto malgrado il suo risultato non sia così brillante come lo si vuol far sembrare. Infatti rispetto al successo del 2013, l’ex Presidente del Consiglio perde ben 611.943 preferenze, attestandosi su un risultato molto più vicino a quello conseguito nel 2012 perdendo contro Bersani (1.100.000 voti). Del resto, è sufficiente osservare che i consensi ottenuti dal brillante politico fiorentino nel 2013 sono superiori al numero dei votanti nel 2017!!! Eppure … eppure è stato un trionfo.
Un trionfo (sic!) raggiunto anche grazie alla grancassa mediatica che ci ha presentato i candidati alle primarie PD un giorno sì e l’altro pure, mattina pomeriggio e sera, sullo schermo tv, sul web e sulla carta stampata, in tutte le loro vere o presunte caratteristiche, sfaccettature, varianti. Sicuramente il bavaglio orgogliosamente esibito tante volte da Marco Pannella per sottolineare il silenzio dei media sulle bistrattate iniziative referendarie radicali, i protagonisti della kermesse mediatico-propagandistica democratica non avrebbero mai potuto metterselo!
Un trionfo che, d’altro canto, non può nascondere il vuoto politico-programmatico e di risultati ottenuto in quattro anni di governo PD, le minestre riscaldate costantemente riproposte (anche dai “nuovi”), l’ammuffito europeismo, la lenta ma continua emorragia di vera militanza “pura” – non di iscritti, che sono un’altra cosa -, la crisi stessa di questo partito, e, non ultimi, lo spietato carrierismo e il trasformismo di molta della sua classe dirigente.
Ora anche Renzi ha finalmente il suo partito, come Berlusconi e come Grillo.
Amen.
P. s.: ad Oristano città pare che i votanti siano stati circa 650: un’affluenza di gran lunga inferiore al risultato elettorale del solo Guido Tendas nelle primarie del 2012. A parziale consolazione del PD locale va detto che sicuramente i paganti sono stati parecchi.