Secondo appuntamento con le interviste sulla politica locale e sarda. A proporci le sue riflessioni oggi sarà Renato Orrù, sardista di ormai lunga militanza, e, fino a poco tempo fa, segretario provinciale dello stesso PSD’Az.
– Nella tua biografia politica primeggia incontrastata la lunga militanza nel Partito Sardo d’azione, di cui sei stato anche segretario provinciale. Tuttavia, negli ultimi anni, assumendo posizioni spesso per così dire eterodosse, ti sei ritrovato un po’ … trascurato.
Domanda: oggi ti senti un ex-sardista oppure un post-sardista?
Direi piuttosto un “over”. Quindici anni di tessera sempre dalla parte della maggioranza, ma sempre dando un sostegno critico. Infatti se la minoranza deve esercitare il controllo, chi sta in maggioranza non deve starsene con gli occhi chiusi, ma deve sempre stimolare, pungolare con argomentazioni valide il lavoro di chi guida.
– Anche le recenti Comunali hanno mostrato inequivocabilmente la crisi della politica locale ed il crescente disinteresse della cittadinanza nei suoi confronti. Alcuni lamentano la mancanza dei partiti, la loro totale scomparsa fisica. Tu che ne pensi? Sai dirmi per esempio che fine ha fatto il tuo partito, il PSD’AZ, qui a Oristano?
I partiti tradizionali sono storicamente finiti, questo è un dato di fatto. Il Partito Sardo d’azione resiste ormai unico, come partito storico. Ma proprio perché storico deve rinnovarsi. E deve farlo quanto prima. Con l’attuale segreteria regionale le trasformazioni stanno diventando evidenti. C’è una classe dirigente nuova che deve destrutturare la vecchia. Mi spiego meglio: devono entrare nuove figure che sardiste non sono. Serve infatti nuova linfa per crescere ed affermarsi ed occupare nuovi spazi, prendendoli ad altre forze, tra cui ora soprattutto l’ex Pdl.
In più oggi il Partito Sardo d’Azione non è più figlio unico dell’indipendentismo: la famiglia sta crescendo e anche rapidamente. Così ci stiamo avviando alla “catalanizzazione” della politica. Fiada ora!!!
– Questa politica post-moderna o post-novecentesca è fatta solo di pseudo leader inventatisi tali o di leadership virtuali, dei loro comitati elettorali, di partiti gassosi, “gazzosa” e oggi pure web-parties. Come unici luoghi di dibattito ci sono solo i social media, mentre sono scomparsi anche quei luoghi fisici di incontro, che un tempo erano le famigerate sedi. Le manifestazioni politiche poi sono sempre più di tipo salottiero, in sale o salette di hotel e gli applausi a comando. Tutto ciò a mio avviso insopportabilmente soffocante, sta uccidendo la politica.
Tu che ne pensi? Sei d’accordo oppure ritieni per esempio che lo spazio apparentemente sconfinato del web sia la soluzione migliore per contrastare l’involuzione oligarchica delle moderne democrazie, sempre più simili alle passate plutocrazie?
I social, mi pare evidente, consentono alla gente di sfogarsi o, nei casi migliori – per la verità non molti – di esprimersi. Dopo, chi porta voti non sta solo sul web: pertanto i contatti con la gente vanno sempre portati avanti. Se uno ha competenze e capacità può usare bene sia il web sia il confronto pubblico, purché abbia anche capacità di ascolto.
– Tornando all’attualità della politica politicante, che ne pensi dell’apparentamento del Partito Sardo d’Azione con il Centrodestra attraverso il patto elettorale stipulato con la Lega Nord di Matteo Salvini? Un patto criticato anche dentro lo stesso PSD’Az e che, ad un primo sguardo, appare perlomeno equivoco, tenuto anche conto delle precedenti simili esperienze, non certo memorabili né positive per il tuo partito. In proposito che ci dici?
Dal punto di vista pratico la strategia del segretario regionale è tatticamente corretta, direi funzionale (la Lega si sarebbe presentata comunque). Ed è anche un modo per contenere l’affermarsi della stessa Lega a vantaggio proprio del PSD’Az. Chi ci perde? Ci perdono i vecchi “soloni”, reliquati di un sardismo ancorato a stereotipi, a cliché antistorici, validi ai tempi dei Melis, oggi però superati da un indipendentismo moderno e dalla stessa disarticolazione del duopolismo “itagliano”.
Detto questo però fammi dire una cosa: a me personalmente il leghismo in salsa “itaglianista” non piace per niente!!! Insieme a Melis è morto pure Miglio!!!
– Nello sconfortante panorama dei soggetti politici elettoralmente attivi, l’unica reale novità sarda è il Polo dell’autodeterminatzione, che mette insieme ben otto sigle identitarie più o meno ancora vitali (Rossomori, Gentes, Comunidades, Sardegna Possibile, Sardos, Liberu, IRS e Sardinia Natzione) attorno alla figura leaderistica di Anthony Muroni.
Da sardista di lungo e convinto corso che ne pensi? In particolare che puoi dirmi sulle fin troppo visibili assenze?
Penso che bisognerebbe applaudire Muroni per essere riuscito a creare un contenitore, dove raccogliere la polvere della galassia indipendentista. Un contenitore da pesare “a gratis” alle imminenti elezioni politiche, per poi confrontarvisi alle vere politiche sarde, le Regionali. Un contenitore che giustamente i due grandi assenti lasciano lavorare in santa pace, chiudendo occhi e orecchi di fronte alle elettoralistiche provocazioni feisbuchiane.
– Dopo le Politiche avremo, come dicevi, subito le Regionali, un appuntamento questa volta direi determinante per noi sardi e per il futuro stesso dell’isola. Secondo te potrà – finalmente! – esserci quella svolta identitaria in grado – ancora finalmente! – di dare a questa terra un po’ di dignità politico-istituzionale, indispensabile per gettare le basi di una sua vera e concreta rinascita?
La svolta identitaria la stanno sentendo, respirando e dimostrando più i Sardi che la sempre prudente politica sarda. Il problema è che c’è ancora la metà dei Sardi, che pensano da “itagliani” e dunque continuano a credere nella ricetta di importare sistemi socio-politici ed economici, la cui inefficacia, peraltro, è stata già ampiamente sperimentata sul continente.
Le prossime “politiche regionali” diventeranno lo spartiacque: da qui in poi infatti si vedrà se l’identità prevarrà sulla politica d’importazione, sul miope unionismo. Cartina di tornasole saranno i politici precedentemente eletti, che sposteranno il loro asset di voti.
– Doverosa domanda conclusiva: che farai da grande? Continuerai a cantare fuori dal coro dentro la cara, vecchia politica politicante oppure dobbiamo attenderci incredibili novità e ardite svolte?
Subito una precisazione: non ho mai fatto né mi è mai piaciuta quella che tu definisci, mi pare con un certo qual fastidio, “politica politicante”. Ho fatto e faccio politica. Questo per essere chiaro!
Il futuro? Dopo Pasqua, che quest’anno è anche il I aprile, cambieranno molti assetti. Il quadro sarà più chiaro. E dopo un anno che ho trascorso ad osservare e tentare di interpretare le cose, qualche bella novità verrà sicuramente fuori. E a qualcuno sicuramente non piacerà.