Ieri, su “IlFattoQuotidiano.it”, è apparso un articolo che ha subito suscitato la mia – e non soltanto mia! – curiosità: “La ragione della guerra in Siria che non ci è stata raccontata”. Non tanto per le invero non proprio clamorose rivelazioni che contiene – all’origine della macelleria siriana ci sarebbe il rifiuto di Assad, fedele alleato della Russia, di far transitare sul suolo di Damasco il “Qatar Turkey Gas Pipeline”, per vendere gas in Europa in concorrenza a quello russo – quanto per il suo autore. Infatti Gianluca Ferrara, ospite con un suo blog del quotidiano online diretto da Peter Gomez, è stato appena eletto senatore della Repubblica nelle liste di M5S, il movimento politico a cui proprio “Il Fatto” ha sempre dato ampio spazio e voce. Molto attivo nell’ambito dell’editoria (ha fondato le case editrici Edizioni Creativa e Dissensi Edizioni) e della pubblicistica (è autore o coautore di almeno una decina di saggi, che spaziano dall’economia e dalle sue conseguenze sociali alla politica estera, dalla religione, intesa ovviamente come Vaticano, alla fede), Ferrara stesso così presenta le ragioni del suo impegno ai lettori: “A mio avviso il problema principale dei nostri tempi è che viviamo in una sorta di Truman Show ed è quindi di fondamentale importanza mostrare una realtà alternativa al pensiero unico dominante, una via di uscita che ci possa trasformare da attori inconsapevoli a protagonisti della nostra vita”.
E, devo riconoscerlo, quella mia certa qual aspettativa non è andata delusa. Mi riferisco in particolare alla parte conclusiva del pezzo di Ferrara, che voglio riportare per maggiore chiarezza: “L’Italia resti fuori da questa guerra, chiedesse ispezioni serie ed indipendenti e rispettasse una regola fondamentale che è la non ingerenza negli affari interni di un altro Stato.
Non possiamo essere succubi – continua il neoparlamentare – di una politica estera mirante a distrarre l’opinione pubblica da scandali interni e veicolata su twitter: Russia stai pronta perché i missili arrivano belli, nuovi ed intelligenti …” per poi concludere – questo, a mio avviso, è il passaggio più interessante – così: “Superiamo anche l’anacronistico binomio Russia-Stati Uniti: la nostra politica estera rispetti tutti gli alleati ma sia finalizzata agli interessi degli italiani. E’ giunto il momento storico di diventare un Paese indipendente e sovrano”.
Vediamo di capire meglio i termini della questione, partendo proprio dalle ultime parole del senatore pentastellato: una politica estera finalizzata agli interessi degli Italiani, da Paese indipendente e sovrano. Ferrara vorrebbe mettere al primo posto gli “interessi degli Italiani”, fare dunque – bisognerebbe aggiungere anche un forte “finalmente!” – dell’Italia un paese con la “P” maiuscola, ma senza intromettersi negli affari interni di un altro stato (mah!), evidentemente per affidarsi ad organismi internazionali, molti dei quali però “condizionati” da quegli stessi attori che oggi stanno facendo a pezzi la Siria e che hanno agito ed agiscono anche in Italia.
Onestamente questo di Ferrara mi sembra l’ennesimo progetto tanto ambizioso quanto vago e confuso. Mi spiego meglio. L’Italia “paese indipendente e sovrano” non lo è più sicuramente dalla Seconda guerra mondiale, o, meglio, dagli Anni Trenta, da quando cioè, in forza di un’ambiziosa quanto velleitaria e via via sempre più incauta Machtpolitik imperialistica, si decise prima (1935) l’aggressione all’Etiopia e poi il sostegno aperto, cioè con uomini e mezzi, all’alzamiento militare spagnolo del luglio 1936, che, dopo una lunga e sanguinosa guerra civile, portò al potere Francisco Franco. In particolare quest’ultima “scelta di campo”, poi confermata dalla firma della prima intesa italo-tedesca – meglio nota come “asse” – dell’ottobre 1936, privò l’Italia non solo della sua sostanziale libertà d’azione ma anche di quello che era stato il cardine del suo agire da “potenza”: la politica del pendolo o del peso determinante. Scrisse Ciano nel suo Diario del novembre 1941: “I tedeschi erano i padroni di casa e lo facevano sentire anche se con noi usavano un garbo del tutto speciale. Ormai quest’egemonia europea è stabilita: sarà bene o male, questo è un altro discorso: ma c’è. Quindi conviene sedere alla destra del padrone di casa. E noi siamo alla destra”. Con tutte le conseguenze, di cui ancor oggi soffriamo almeno i sintomi!!! Infatti a cambiare è stato solo il “padrone di casa”. Quello stesso “padrone di casa” che però, al momento dei trattati di pace, ci ha – innegabilmente anche se certo a suo vantaggio – dato una grossa mano.
Che cosa occorrerebbe oggi ad un Paese del rango dell’Italia per diventare indipendente e sovrano? Un semplice atto di suprema volontà? Beh, direi proprio di “no”. Occorrerebbero invece tre presupposti fondamentali, che l’Italia decisamente non ha: e cioè un’economia forte, un’organizzazione statale efficiente ed efficace, e una forza militare adeguata almeno al nostro rango e dunque ai nostri stessi interessi.
A proposito di questi ultimi, prima di dire (rimanendo comunque nell’indefinito) come salvaguardarli, il sen. Ferrara avrebbe dovuto subito esplicitare e dettagliare questi “famosi” interessi nazionali per farci capire dove salvaguardarli (Europa, Mediterraneo, Nord-Africa ecc.) e fino a quale … livello.
Per quanto riguarda infine l’uscita dallo schema bipolare Russia-Stati Uniti, è fin troppo palese che l’Italia, proprio per quanto detto sopra e per la situazione generale in cui si trova, non può fare passi del genere. Peraltro oggi parlare di schema bipolare per quanto riguarda il quadro internazionale, è quanto mai azzardato: la Russia rimane sicuramente un’importante potenza militare, in virtù soprattutto di un apparato industriale bellico grande ed efficiente, tanto che, nonostante le sanzioni, si porta a casa un quinto della torta delle commesse mondiali. Ma la sua economia così come la sua politica estera, tendente soprattutto alla difesa dei “spazi vitali” del Paese, testimoniano che la Russia non ha più quel ruolo di catalizzatore del mondo anti-occidentale, quale era la sua antenata URSS.
Invece la prima e più importante partita che l’Italia dovrà quanto prima saper giocare al di là dei suoi confini, è quella del ruolo in Europa: motore politico per una nuova Europa, che superi gli – questi sì davvero “anacronistici” – schematismi nazionalistici, puntando al sogno di una vera unione di cittadini e di popoli; oppure ospite in una casa della quale il padrone ben conosciamo!!!??? Tutto però dipenderà dalla qualità e dalla portata delle trasformazioni politico-amministrative, economiche e sociali che si riusciranno a fare, ovviamente se si potrà farle e se ci sarà consentito farne.