Manca ormai solo un giorno all’edizione 2018 de “Sa Die de sa Sardigna”, una ricorrenza che avrebbe dovuto portare dentro l’opinione pubblica isolana il tema dell’identità sarda e delle sue possibili applicazioni, delle sue “ricadute” politico-amministrative, e che, invece, è diventata l’ennesima occasione di sfoggio retorico e folkloristico, di cui onestamente i Sardi, o, almeno, tutti coloro che vorrebbero davvero fare qualcosa per la Sardegna e in Sardegna, non sanno proprio che farsene. Ovviamente assisteremo a incontri, dibattiti, tavole rotonde, con il solito coinvolgimento delle scuole, in cui potremo riascoltare polverose parole e sterili polemiche su autonomismi, insularità, angioismi, sardismi, sovranismi, identitarismi, che neppure le recenti ferule elettorali riescono a far tacere. La realtà di tutti i giorni invece parla un’altra lingua, ben diversa da questa vuota della politica indigena, come pure dalla LSC: una lingua il cui dizionario registra pochi, inequivocabili lemmi, quali “crisi”, “povertà”, “arretratezza”, “isolamento”, “spopolamento”, gli stessi che da sempre ci condannano a stare in questa atavica “serie B”. Eppure le risorse non mancherebbero e comunque non sono inferiori a quelle di altre realtà, che vanno e stanno meglio di noi. Eppure proprio un’isola come la Sardegna potrebbe persino cercare, potrebbe aprire nuove vie attraverso il mucchio di macerie che ha sepolto la politica dopo il crollo delle ideologie otto-novecentesche. E invece la politica sarda si infiacchisce ed avvizzisce nelle eterne, costanti dispute tra piccoli leader alla ricerca di un posto al sole, cagliaritano o romano che sia, dentro un insuperabile vuoto di idee, di progetti e di strategie.
Ora venerdì scorso ho partecipato ad un incontro sull’autismo e sulle sue problematiche, svoltosi presso l’UNLA di Oristano e voluto da alcune associazioni che si occupano in prima persona di questo particolare disturbo: “Autismo Sardegna” di Oristano e “Peter Pan” di Cagliari. Alla manifestazione erano presenti, oltre ai presidenti delle due associazioni, Masia e Granata, anche esperti, psicologi, psicoterapeuti, che hanno fornito un quadro della situazione sarda. Così ho scoperto che le diagnosi di questa patologia sono in costante aumento, che soldi pubblici ne vengono spesi e dati, che però il tutto si traduce in servizi insufficienti, con carenze quantitative e, a volte, anche qualitative. In pratica, da questo punto di vista, molto è lasciato alla buona volontà soprattutto dei genitori e, con essi, di qualche operatore valido e motivato.
Così il supporto terapeutico e formativo sul territorio è davvero carente, in qualche zona, addirittura inesistente. I posti nelle strutture sono pochi, mentre le liste d’attesa sono lunghe. Pochi sono gli insegnanti di sostegno, a volte neppure adeguatamente (in)formati. Poche sono le strutture di sostegno e formazione dedicate a questi ragazzi. Addirittura niente per i pazienti adulti, veri e propri desaparecidos, la cui unica speranza sono e restano i familiari, ovviamente finché vivono o possono farlo.
In particolare mi hanno colpito alcuni interventi di giovani genitori, che, trovatisi ad affrontare oggi questo dramma, hanno riferito di non saper proprio cosa fare, perché non c’è chi gli dà risposte chiare, soprattutto dal punto di vista del percorso terapeutico, relazionale, didattico-formativo ed educativo, finalizzato a rendere l’autistico quanto più possibile “capace” di stare in relazione attiva con le altre persone, cioè a vivere e muoversi nella società, nella vita reale, e non nel suo buio angolino. “Questa – hanno ricordato altri genitori che hanno già vissuto simili esperienze – è né più né meno la stessa situazione di venti, trent’anni fa“. Come è possibile tutto ciò? E la nostra Regione? Beh, l’ultimo assessore competente, più di un anno fa, chiese urgentemente ad esperti ed associazioni del settore un documento con alcune proposte-guida per quanto riguarda rete e tipologia di servizi, formazione, supporto alle famiglie ecc. Tanto urgentemente che – ovviamente! – se ne sono perse le tracce.
Chissà forse adesso prima delle elezioni …
Se questa è la (solita) politichetta a barritta e cambales che dovrebbe guidarci nella nostra lunga marcia per contare di più in Italia ed in Europa, beh, … aspetta cavallo …