DOPO IL SILENZIO PARLIAMO DI HOSPICE [ADRIANO SITZIA]

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In questi mesi alcuni ex amministratori della precedente maggioranza di centrosinistra si sono lamentati del fatto che, mentre prima la città, i suoi comitati ed i (pochi) blog locali che si occupano di politica, attaccavano un giorno sì e l’altro … pure la Giunta GT, oggi invece c’è un silenzio assoluto e quasi assordante, per qualcuno persino ossequioso nei confronti dell’odierna Amministrazione. Eppure, a sentir loro, da allora ad oggi le cose mica sono cambiate molto!
Ora, pur con i dovuti distinguo, questi signori tutti i torti non hanno: infatti Oristano, dal punto di vista del dibattito politico, appare davvero tranquilla, quasi distaccata, comitati civici inclusi. Ad onor del vero va detto che a tale quiete contribuisce il grave mutismo dei pochi soggetti politici e partitici rimasti ancora “in vita”, con l’eccezione di un consigliere regionale, l’on. Dedoni, che invece da alcuni anni fa quasi quotidianamente sentire la sua voce. Un’eccezione, si diceva, in un mare di … calma (almeno apparente).
Eppure gli argomenti di discussione non mancherebbero in una realtà che, dati alla mano, continua a vegetare senza segni di vero risveglio.
Uno di questi temi mi è stato recentemente segnalato da alcune persone, preoccupate di trovarsi di fronte all’ennesima incompiuta oristanese. Si tratta dell’Hospice per malati terminali, una struttura sanitaria, realizzata proprio dalla scorsa Amministrazione nei terreni dietro il vecchio San Martino ed il Poliambulatorio di via Pira, per ospitare otto degenti di cui due pediatrici. Per la sua costruzione e la fornitura degli arredi sono stati spesi, se non ricordo male, circa 1.150.000 euro: cifra questa che, per una realtà come Oristano, non è certo trascurabile.
Pronto già alla fine del 2016 ed aperto al pubblico in occasione della Giornata della trasparenza ASL del dicembre di quello stesso anno, l’Hospice di Oristano, concesso nel giugno 2017 in comodato d’uso alla ASSL in cambio della sua parte di proprietà del Palazzo Paderi, si disse che avrebbe dovuto iniziare ad accogliere pazienti fin dalla scorsa estate. Sennonché da allora non se n’è saputo più niente, tanto che oggi l’edificio appare ovviamente vuoto, e, quel che è peggio, tutto circondato non dal previsto prato verde, bensì da alte e rigogliose erbacce mentre l’ingresso è parzialmente ostruito da un fico. Peraltro non mancano neppure voci su problemi di umidità riscontrati in alcuni muri, cosa perlomeno singolare trattandosi di una costruzione recentissima e costosa.
Ma, a parte queste voci, il vero problema è evidentemente un altro. Infatti rischiamo di trovarci di fronte all’ennesima opera incompiuta o inutilizzata di questa città. Verrebbe da chiedersi come mai. Un’altra opera “sfortunata”, come un amministratore ebbe a definire anni fa l’ex carcere militare? Oppure può esserci anche altro?
Rispondere a tal quesito in mancanza di dati certi è difficile. Ma qualche ipotesi si può tentare di fare, muovendo per esempio dai costi di gestione di una simile struttura dedicata e dalla loro eventuale sostenibilità già a medio termine. Ora, facendo, molto molto alla buona, qualche conto, sembra venir fuori che tra personale medico e paramedico, consumi, servizio pasti, pulizie, manutenzioni varie ecc. ecc., l’hospice potrebbe costare annualmente fors’anche attorno ad un paio di milioni di euro. Una cifra che, se confermata, sarebbe di tutto rispetto in particolare in tempi di vacche magrissime come questi attuali, e per di più in un settore, come quello sanitario, in perenne e crescente rosso, e dove “Machete” è lì in agguato, pronto a … tagliare!
D’altra parte di fronte, purtroppo, alle sempre crescenti richieste e necessità di assistenza ai malati gravi, in particolare a quelli oncologici, è lecito fare attente riflessioni sui modi di intervento insieme più efficaci e capillari, tenendo dovutamente conto della particolare realtà di questo territorio e delle peculiari esigenze dei suoi abitanti. Per esempio l’assistenza domiciliare, se ben gestita, rappresenta forse la soluzione migliore per il paziente e per chi, familiare, amico ecc., gli è e gli rimane vicino. E’ però altrettanto vero che vi sono casi molto gravi o di maggiore disagio, magari per assenza di figure familiari di riferimento, per i quali non si può prescindere da un ricovero in una struttura adeguata, che però potrebbe essere immaginata dentro lo stesso San Martino, per esempio potenziando la SSD di oncologia, o trovando altre soluzioni. Oppure aprendo – finalmente!!! – l’Hospice! Infatti Oristano ed il suo territorio hanno bisogno di questo servizio!