Anno 1967, maratona di Boston – all’epoca vietata alle donne -, il concorrente col pettorale 261 è oggetto di un violento intervento da parte dei giudici di gara per fermarlo strappandogli il numero. Quella giuria, infatti, s’era accorta che K. V. Switzer, “regolarmente” iscritto alla competizione, era in realtà la signorina Kathrine Virginia Switzer, una maratoneta e attivista femminista. Ma, nonostante i ripetuti tentativi del direttore di gara e di altri suoi collaboratori, Kathy Switzer, riuscì a portare a termine i 42 km in h 4,20. Sembrano trascorsi secoli, invece sono solo 52 anni. Tuttavia da allora l’emancipazione femminile nello sport come nel lavoro e in altre dinamiche sociali ha fatto passi davvero lunghi, perlomeno nel mondo occidentale. D’altro canto però, persino in questa parte del pianeta considerata socialmente evoluta, la piaga della violenza contro le donne è ben lungi dall’essere almeno arginata. Così nella sola Italia, nei primi dieci mesi del 2019 sono state uccise 95 donne, 80 delle quali per motivi che, qualche decennio fa, sarebbero stati classificati come “passionali” e che, comunque, riguardano l’ambito familiare o affettivo delle vittime. Nel 2017 le donne uccise erano state 141, nel 2018 addirittura una in più, 142! Sempre nel 2017 ben 43467 donne hanno chiesto aiuto nei 281 centri antiviolenza attivi nel territorio nazionale. Certo, dietro ogni caso c’è una storia particolare, ma a dover destare grande allarme nella nostra società evoluta è la costante della violenza, di questo tipo di risposta e – ahinoi! – di “soluzione” ai problemi che inevitabilmente sorgono nella vita, cominciando proprio da quelli affettivo-sentimentali, così da poterne individuare le origini, le radici, e da prevenirne la reiterazione.
Proprio per questo sono molto importanti manifestazioni come quella organizzata stamane da un gruppo di docenti dell’Istituto Tecnico Industriale Statale “Othoca” di Oristano, nell’ambito della Giornata 2019 contro la violenza sulle donne. Gli insegnanti hanno voluto mettere insieme il “pallone”, cioè proprio uno degli sport ancora considerati molto “virili” – così come lo era la maratona cinquant’anni fa! – e appunto la sensibilizzazione dei ragazzi al tema della violenza di genere. Lo hanno fatto coinvolgendo le ragazze dell’Atletico CF Oristano, la nostra squadra di calcio femminile, che partecipa al campionato nazionale di serie C.
Introducendo l’evento insieme al dirigente dell’Istituto prof. Franco Frongia, la calciatrice francese Emily Maver, ha voluto rimarcare il duro contrasto tra una società apparentemente aperta o almeno transigente, in cui le donne sembrano trovare sempre più spazio e spazi, e questi tanti, troppi episodi di rabbiosa violenza, che spesso sfociano in tragedie, quando, come forse avrebbe vergato Alda Merini, le stelle non mormorano più all’orecchio degli amanti.
Poi le parole hanno lasciato il posto al momento ludico-sportivo con una serie avvincente di minipartite di futsal con protagonisti le ragazze e i ragazzi della scuola, schierati sempre in formazioni miste (tre ragazzi e due ragazze), e le giocatrici dell’Atletico.
Al termine, offerto da Latte Arborea, un abbondante rinfresco ha rifocillato tutti i presenti, giocatrici, giocatori e semplici spettatori.