REGIONALI IN EMILIA E CALABRIA: CADUTA DELLE 5 STELLE, FRENATA DELLA LEGA, OSSIGENO PER IL PD. E SULL’ART. 88 … [ADRIANO SITZIA]

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Ieri, come ben sapete, c’è stata l’ennesima tornata elettorale. Protagonisti stavolta i cittadini di Calabria ed Emilia Romagna, chiamati a rinnovare le loro Amministrazioni regionali. Elezioni queste molto attese, soprattutto perché la “rossa” Emilia era diventata l’obiettivo principe delle armate “verdi” guidate dal terribile – per gli avversari – von Salvini, che alle Europee di giugno scorso vi avevano conseguito una storica seppur risicata vittoria. Ma alla fine la “rossa” Emilia, come Stalingrado 77 anni fa, non ha ceduto, riconfermando Bonaccini alla guida della Regione.
Che questa sia stata una vera e propria guerra elettorale senza esclusione di colpi – anche bassi! – lo ha dimostrato l’attenzione angosciante con cui i mass media e con essi i social hanno seguito passo dopo passo le ripetute incursioni salviniane, ma anche le risposte decise seppur, apparentemente, pacate di Bonaccini e, con lui, dello stato maggiore PD, che, di fronte al baratro, ha ricompattato la truppa combattendo una durissima “guerra patriottica” casa per casa. A favore del Partito Democratico ha sicuramente giocato l’efficienza del sistema Emilia Romagna, che, nonostante tutti i problemi, Bonaccini e la sua squadra di governo hanno saputo mantenere ad eccellenti livelli. Contro l’ex sottosegretaria sen. Borgonzoni probabilmente ha giocato la solita, eccessiva, e stavolta traboccante esposizione mediatica del suo leader, che ha voluto trasformare queste Regionali in una sorta di referendum tra lui ed il governo in carica, non trovando però sponda nel Presidente del Consiglio, il quale, con indubbia abilità tattica, ha invece fatto di tutto – compreso il filosofo – per sottrarsi all’agone elettorale.
Che Salvini abbia subito una battuta d’arresto – la prima da quando è al timone della Lega – in questa sua offensiva per conquistare Palazzo Chigi, lo dicono inequivocabilmente i numeri, soprattutto se comparati con quelli delle Europee 2019, che, come accennato, avevano segnato la definitiva ascesa del giovane leader lumbard al gotha della politica italiana. Numeri espliciti non solo in Emilia, ma anche in Calabria. Infatti, a parità di partecipazione elettorale – 67 % in Emilia e 44 % in Calabria in entrambe le elezioni – la Lega ha perso in sei mesi circa 70000 voti sia nelle ricche contrade emiliane sia nella bella terra calabrese. E, se nel caso della Calabria, le “giustificazioni” riconducibili al diverso tipo di elezione ci stanno tutte – tanto più che il Centrodestra ha stravinto -, in Emilia Salvini invece ha un paravento alquanto piccolo, proprio per aver voluto “polarizzare” su di sé le attenzioni e quindi lo scontro elettorale.
L’altro aspetto di questo voto invernale per cui c’era tanta attesa, riguardava lo stato di salute elettorale pentastellato. E anche in questo caso gli osservatori non sono rimasti delusi: l’M5S infatti ha davvero rischiato l’estinzione. I numeri – e in questo caso pure le percentuali! – sono inequivocabili, persino facendo un confronto solo con le già non esaltanti Europee di giugno 2019. In Emilia allora i voti furono 290.019, oggi sono 102.600; in Calabria sei mesi fa i voti furono 194.695, oggi sono 48.800!!! La solita, abusata giustificazione dello scarso radicamento territoriale dei grillini ormai, dopo dieci anni di competizioni elettorali, da sola non può più spiegare quello che chiaramente è stato un tonfo. Né servirà a molto invocare l’incidenza del voto utile. A mio avviso invece questo movimento politico sta pesantemente pagando ciò che prima era una sua forza, e cioè quell’indefinitezza ideologico-programmatica, che gli ha finora consentito di mettere e tenere assieme propagandisticamente istanze proprie delle destre e idee di sinistra, così da intercettare gli elettori delusi – tanti! – di ambo le parti. Oggi evidentemente quegli stessi elettori stanno tornando alle loro case “madri”. Insieme a tale aspetto io non sottovaluterei neppure gli equivoci insiti nella struttura stessa del Movimento, quali per esempio il suo eccessivo ed ossessivo verticismo e una leadership – Di Maio prima, ora Crimi – solo apparente, solo formale, e, come tale, incapace di fare sintesi in un contesto di quadri dirigenti sempre meno inclini alla disciplina. Forse è giunto il momento per i due veri leader di prendere in prima persona la guida della loro creatura.
E il PD? 750.000 voti in Emilia – ne aveva preso 703.000 alle Europee – e 118.000 in Calabria rispetto ai 133.000 delle Europee. Ergo, la base elettorale c’è, è ancora solida, e, forse, la fase più critica e tormentata – ricordiamo le diverse uscite, le scissioni, qualche rientro, le solite, interminabili discussioni tra colonnelli, le incursioni di qualche padre nobile, le sardine …  – è alle spalle. Ora, però, si attendono le novità annunciate da Zingaretti per il suo acquario, che probabilmente accoglierà nuovi pesci, meglio se solo … azzurri.
Fratelli d’Italia, dal canto suo, prosegue nel suo percorso di importante radicamento territoriale – in Emilia è cresciuto di 80.000 voti in soli sei mesi! -, mentre Forza Italia, diciamo così, riparte da Iole Santelli, mentre in Emilia è praticamente estinta.
Infine una battuta sull’ennesimo articolo della Costituzione salito agli onori della cronaca politica. Questa volta si tratta dell’art. 88 ed il potere di scioglimento anticipato delle Camere. Ora, a prescindere da tutto il resto – incluso il prossimo, imminente referendum e la stessa analisi delle circostanze che legittimano o legittimerebbero l’esercizio di questo potere, tra cui certamente il venir meno della corrispondenza tra eletti ed elettori – e con le doverose cautele del caso, perché materia alquanto delicata, trovo però difficile supportare eventuali pretese di scioglimento anticipato del Parlamento ogniqualvolta un voto – appuntamento piuttosto frequente nel nostro Paese! – di qualsivoglia tipo dia risultati molto diversi rispetto al quadro politico di cui il governo in carica è espressione. Nel nostro caso – vale la pena ricordarlo – si è votato per le Politiche neppure due anni fa!!! E, fatto non secondario, l’attuale governo – piaccia o non piaccia – ha ancora un’ampia e legittima maggioranza parlamentare, espressione non di volontà extraterrestri ma del voto degli Italiani, appunto il 4 marzo 2018. I cittadini sono delusi? Si sono pentiti? Hanno cambiato idea? Può essere. Ma, insieme alle regole, sono la storia ed il buon senso a suggerire cautela nel maneggiare le istituzioni democratiche, anche se nella loro confezione non c’è scritto “fragile”.