La malferma, traballante condizione dei presidi sanitari dell’Oristanese continua a suscitare – nonostante l’attuale emergenza – molte discussioni, ormai sempre meno serene, in ansiosa attesa di quel riordino della rete ospedaliera ed assistenziale sarda più volte annunciato dalla ormai non più nuova Giunta regionale. Riordino che, almeno nelle intenzioni dei suoi fautori, dovrebbe porre rimedio alle criticità della riforma Arru. Certo, la strana situazione del ‘Delogu’ di Ghilarza, ormai vero e proprio ospedale-fantasma, quella – ahinoi! – simile del quasi gemello bosano, i grossi problemi che, di volta in volta, si manifestano nei vari poliambulatori della provincia, e le ormai annose, interminabili traversie del San Martino non possono lasciare ancora indifferenti gli abitanti di tutto il territorio, che assistono, increduli e impotenti, al progressivo impoverimento di tutti i servizi a loro disposizione. Questo, mentre in altre realtà, probabilmente per il maggior peso politico e/o economico, la tendenza sembra – sottolineo il “sembra” – essere opposta. S’era sperato che, con il cambio di colore del governo regionale, potessero mutare anche gli indirizzi, almeno in fatto di politica sanitaria. Finora però queste speranze sono risultate vane. Lo confermano le recenti vicende relative proprio al piano anticoronavirus, che ha visto Oristano, come sempre, tagliata fuori, e quelle, ancor più considerevoli ed indicative, dell’oncoematologia. In questa vicenda infatti, pur in presenza di una recente (24 marzo scorso) sentenza, relativa certo ad un caso specifico ma abbastanza chiara nella lettera, l’atteggiamento negativo da parte degli uffici regionali preposti e la poca … attenzione dei suoi organi politici sono rimasti sostanzialmente inalterati, a parte le solite rituali promesse.
Poche sono state peraltro le reazioni della politica ed, in particolare, di quella locale: per quanto riguarda la vicenda dell’oncoematologia si segnalano soprattutto le ripetute prese di posizione di ‘Articolo Uno’, per bocca di Bruno Palmas e di Luca Pizzuto, dell’onorevole Mara Lapia di M5S – a proposito, i due deputati oristanesi sono ancora in carica? – e del consigliere regionale forzista Emanuele Cera. Neppure in occasioni come questa la rappresentanza politica locale è riuscita a far quadrato, ad essere compatta a difesa degli interessi del territorio e di chi ci abita!
Intanto, altrove le cose cominciano a muoversi in ben altra direzione! A San Gavino (!!!) ormai è ai nastri di partenza la costruzione di un nuovo ospedale, “destinato” inevitabilmente – considerando anche la distanza da Oristano (50 km!!!) -, a distrarre ulteriori risorse umane e finanziarie dal nostro San Martino. Evidentemente dunque l’ “ora di macchina” che separa Oristano da Cagliari, utilizzata sempre – anche da qualche Oristanese, politici inclusi – come motivazione per non dare nulla al capoluogo arborense, anzi per chiudere e sottrarre servizi, non vale per il Medio Campidano, che da Cagliari dista mezzora!!!
Ancora, questa Giunta regionale ha varato un piano di complessivi 300 milioni per due ulteriori prossime realizzazioni, insieme al ‘Nostra Signora di Bonaria’: due nuovi ospedali a Sassari e ad Alghero, mentre anche il Sulcis e la stessa Cagliari attendono di capire se analoghe strutture possano essere oggetto di futuribili provvedimenti. Dal canto suo Olbia, oltre a disporre del “famoso” – non ancora per i servizi che offre – e modernissimo Mater, ha visto realizzato l’unico ospedale civile sardo del XXI secolo, il ‘San Giovanni Paolo II’. E Nuoro sta cercando di difendere con i denti le sue strutture, in particolare il ‘San Francesco’.
Oristano? Il San Martino? Beh, come dicevamo, sembra che il vento sia sempre lo stesso, come ha dimostrato inequivocabilmente proprio il sopraddetto piano strategico per l’emergenza coronavirus: il vento della “marginalizzazione”. Questo nonostante per esempio l’edificio ospedaliero, diventato un eterno e mai concluso cantiere di riparazioni, adeguamenti e parti aggiunte, mostri chiaramente tutti i suoi anni e i suoi limiti; nonostante la sua dotazione strumentale sia insufficiente e, in alcuni settori, datata; e nonostante le gravi carenze di personale, ben lontano dai numeri previsti in pianta organica e costretto, in alcuni reparti ,a fare turni massacranti. A questo proposito ha fatto molto rumore – per nulla! – il recente trasferimento, motivato proprio dall’urgenza coronavirus, di ben quattro anestesisti, al Policlinico di Sassari (un nosocomio privato recentemente salvato dalla chiusura e subito “promosso” Covid-hospital!), mentre sembra che, sempre in questo periodo, anche due pediatri siano stati trasferiti dal San Martino forse proprio a San Gavino (ma i santi non c’entrano!!!).
E’ dunque necessario, senza più indugi, far valere le ragioni di questo territorio con una sola voce, chiara ed inequivocabile. Gli inutili mormorii, le blaterazioni e pure certe blandizie politiche devono far posto alla lucida ed orgogliosa difesa di Oristano e degli interessi del suo territorio, regolarmente marginalizzato e sottoposto(si?) ad una sorta di emasculazione politica, che lo ha privato di ogni capacità di reazione. Ma, come hanno scritto qualche giorno fa i dirigenti di Articolo Uno, “ora è davvero troppo”!