Ieri ho avuto modo di leggere attentamente il comunicato riassuntivo dell’incontro ‘I Sardisti e il Sardismo di domani‘, tenutosi a Bauladu venerdì scorso per l’organizzazione della neonata associazione ‘4Moros’. Premetto che sto seguendo con molta attenzione il percorso che la suddetta associazione ha intrapreso con l’obiettivo di portare, finalmente, il Sardismo nel XXI secolo, sbloccandone gli ormai secolari ed usurati ingranaggi. In questo senso mi permetto di proporre qualche riflessione sulla base del comunicato, sottoscritto dagli organizzatori. Un comunicato che appare diviso in due parti: una prima pars destruens, che sottolinea, senza mezzi termini, i limiti del “Sardismo di oggi”, iniziando dalla mancanza di partecipazione democratica della base ad una qualsiasi attività del Partito, e conclude con una netta condanna dell’attuale progetto politico e della sua attuazione pratica.
A questa fa seguito una pars construens, che, pur articolata in 5 punti, mi è apparsa debole. Ciò sicuramente dipende dal fatto che l’associazione sta muovendo i suoi primi passi, sta accogliendo nuove adesioni e coinvolgendo altri soggetti. Ma parlare di “ritorno dalla gente e per la gente” – la famosa “gente”, tanto cara alla nostra politica politicante – di “sensibilizzazione dei giovani” ai temi sardisti o di alleanze elettorali e confronto con tutto l’universo mondo indipendentista, al di qua e al di là del mare, presuppone la indispensabile disponibilità di una base programmatica già chiara e precisa. Questo presupposto, a mio avviso, è appunto imprescindibile e irrinunciabile, per due motivi:
a – questa famosa “gente”, soprattutto la grande fetta che ha voltato le spalle alla politica politicante, non trovandovi risposte ai gravi problemi sociali e personali da cui è quotidianamente assillata, e, ancor di più, i giovani e giovanissimi, concreti per loro natura, possono essere coinvolti solo in progetti chiari, fattibili per obiettivi chiari e ragionevolmente conseguibili;
b – le generazioni più giovani, in gran parte cresciute nel mito del cosmopolitismo e imbevute di europeismo, per essere “sensibilizzate” hanno necessità di confrontarsi con concetti politico-culturali confacenti alla loro cultura, alla loro mentalità, ai loro linguaggi, molto distanti dal francamente insopportabile politichese, tanto italiano quanto in limba.
Per ottenere un presto raccorciamento delle distanze occorre dunque porsi subito l’obiettivo di essere concreti, affrontando quei temi che possono costruire una solida piattaforma politico-programmatica da offrire agli interlocutori come base di confronto. Invece nel suddetto comunicato l’unico punto che rientra in tale perimetro è quello relativo alla politica ambientale ed energetica.
Credo che il dibattito di questi mesi sull’autonomia differenziata, il disastro della sanità sarda, l’annosissimo problema della continuità territoriale, l’enorme ritardo infrastrutturale della Sardegna – mentre in Continente si sbandiera per l’ennesima volta il Ponte sullo Stretto – e quello della Sardegna centrale diventata sempre più eccentrica rispetto ai principali poli, in questo senso offrano tanti spunti di studio, di riflessione e di confronto.
Spunti che, sono certo, saranno oggetto dei prossimi incontri associativi.