Di Renato Soru, negli ultimi anni, s’era sentito parlare poco. Qualche sua estemporanea uscita pubblica, qualche presa di posizione politica, qualche sentenza a lui favorevole, …. Questa primavera però un suo ex assessore, Massimo Dadea, politico, scrittore e medico cardiologo, ha dato alle stampe ‘Meglio Soru (o no?). La febbre del fare 13 anni dopo‘, che rivisita appunto quell’esperienza di governo sardo tanto apprezzata (apparentemente!) quanto poi bocciata nelle urne. Dadea lo ha fatto, probabilmente non a caso, ad un anno esatto dalle Regionali, in cui il popolo sardo sarà chiamato a giudicare l’amministrazione guidata dal sardista Christian Solinas, altra figura controversa e, per certi aspetti, pure enigmatica della nostra politica. Così il nome del sessantaseienne ex governatore ed imprenditore di Sanluri ha progressivamente riconquistato le luci della ribalta politica regionale. Del resto i suoi quattro anni e mezzo di governo, nel bene e nel male, sono stati i più prolifici in questo primo quarto del XXI secolo sardo. Nessuna delle successive amministrazioni targate Cappellacci, Pigliaru – già assessore con lo stesso Soru – e Solinas, ha lasciato e lascerà tracce legislative e di governo così profondamente durature come quella di Soru. La mia non è una valutazione di merito, bensì “solo” la constatazione di un dato di fatto, penso innegabile.
E probabilmente proprio il vuoto di leadership che colpisce, oggi ancor più di ieri, la politica sarda, e, soprattutto, la sua parte “progressista”, deve aver fatto riflettere Soru sull’opportunità di riproporsi nell’agone, magari con velleità di ricandidatura alla stessa presidenza della Regione.
Un ragionamento non dissimile deve essere stato fatto anche da Graziano Milia, un altro grande vecchio – ma non vecchissimo, neppure anagraficamente (meno due anni rispetto a Soru) – del progressismo sardo, che, dopo aver riconquistato, vent’anni dopo il suo primo mandato, il Comune di Quartu, tarpando le ali alle ambizioni di Christian Stevelli, uno dei fedelissimi del presidente Solinas, ora sta cercando di ampliare la platea con le presentazioni del suo libro ‘Non mi giro dall’altra parte‘ (il titolo è già di per sé abbastanza eloquente!).
Non a caso ieri Oristano ha ospitato l’ex presidente e lunedì accoglierà l’attuale primo cittadino quartese.
Parlando della venuta oristanese di Soru, devo onestamente premettere un dato: la mia presenza lì aveva come ragione principale non l’attesa di novità, che non potevano esserci, dal momento che Soru ha sempre difeso il suo operato e la sua stessa visione di Sardegna proposta già nel lontano 2003; bensì aveva quella di misurare la partecipazione e l’interesse da parte degli Oristanesi. A ciò sono stato indotto anche da una serie di sondaggi, usciti in questi giorni, che danno Soru molto indietro rispetto agli altri possibili competitori per Villa Devoto. Ma, come spesso mi capita di ripetere, una cosa sono i sondaggi, un’altra sono i dati concreti, quelli delle urne, un’altra ancora sono quelli delle piazze. E ieri sera, dentro il parco dell’Hospitalis, il pubblico innegabilmente c’era! Non saprei dare una cifra attendibile, ma non penso di sbagliare di molto per eccesso o difetto, se parlo di almeno 150-170 persone.
Ovviamente una buona parte degli astanti era costituita da addetti ai lavori, cioè dirigenti e militanti politici, amministratori ed “ex” amministratori, soprattutto – ma non solo! – di parte sinistra. Pochi erano gli “under 40”. Ma questo è un aspetto che ormai non sorprende, non meraviglia più, tenuto conto dell’invecchiamento della popolazione e, ancor più, di quella politica, notoriamente sempre longeva, ma, oggi, dopo gli adeguamenti degli emolumenti destinati agli amministratori, ancor più determinata a garantirsi una serena terza età.
Per quanto riguarda le parole di Soru, davvero tante nonostante gli sforzi per contenerle da parte del giornalista Enrico Carta, beh, come ho già detto, hanno riservato assai poche sorprese. Riassumendo, per Soru la Sardegna deve riuscire ad essere padrona del suo futuro, e lottare per avere quelle competenze e poteri necessari per governare i grandi processi in atto, in primis la sfida energetico-ambientale, ma anche le servitù militari, la continuità territoriale ecc. così come fece lui con la “salvacoste” e il PPR, con l’ENAS e ‘Abbanoa’, con l’allora continuità poi demolita dai successori. E la Sardegna deve valorizzare le sue intelligenze, e con esse la formazione, l’università e la ricerca, l’aggiornamento, in una parola, la conoscenza, quella antica, degli antichi saperi, e quella nuova, legata alla tecnologia, all’innovazione, tra loro in intimo rapporto.
Dal punto di vista politico, Soru, muovendo dal tema “primarie”, ha sottolineato la differenza tra ciò che il PD avrebbe dovuto essere e rappresentare, un partito aperto, “condividente”, inclusivo nelle sue elaborazioni politico-programmatiche così come nella scelta della sua dirigenza, e ciò che il PD oggi è diventato o sta diventando, un partito chiuso, ermetico, lontano da chi lo ha lasciato, da chi si è disamorato della politica, da chi non va più neppure a votare, dagli stessi giovani e giovanissimi. Per questo, secondo Soru, “le primarie non possono non essere fatte!”.
Per ciò che riguarda alcuni temi specifici, l’ex governatore ha stigmatizzato il problema, secondo lui gravissimo, della lottizzazione nella sanità sarda – “oggi si lottizza – ha sottolineato – persino l’utilizzo delle sale operatorie” a seconda del colore del chirurgo e del suo dirigente (?) -, ma anche la pessima gestione degli stagni dell’Oristanese e la mancanza di centri di aggregazione, di cui soffrono soprattutto i piccoli centri, dove, spesso, l’unico luogo per socializzare è il bar.
Giudizio finale: minestra riscaldata sì ma, comunque, ancora mangiabile.