QUEL CHE NON E’ AVVENUTO FINORA, PUO’ AVVENIRE DOMANI? FORSE [ADRIANO SITZIA]

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Mancano solo tre settimane alle elezioni regionali. Ormai il lungo carnevale elettorale è entrato nel vivo. Si susseguono le manifestazioni, gli incontri, le interviste, le polemiche, soprattutto personali tra i leader e le loro tifoserie. Invece sono stati coperti i manifesti dei candidati consiglieri più competitivi, che qualche settimana fa affollavano gli spazi pubblicitari. In fondo mi dispiace: infatti le loro espressioni, in alcuni casi sorridenti in altri maggiormente “istituzionali”, ed i loro slogan avrebbero voluto creare empatia, oppure trasmetterci fiducia, o serietà, o determinazione, o impegno. Avrebbero … ma, stando a qualche commento che mi capitò di udire, beh, l’effetto forse fu un po’ … diverso.

Per tanti di noi, persino per chi, come me, la politica l’ha fatta e seguita fin da ragazzo, il vero grande dilemma di queste Regionali – e sarà lo stesso anche per l’europarlamento, di cui è percepita soprattutto la sua onerosissima inutilità – non è più come in passato, per chi votare, ma se recarsi a votare!!!

L’avvilente spettacolo di questi ultimissimi mesi ha, se possibile, aggravato il rigetto già diffuso nei confronti di una politica, percepita dai più attenti ed intellettualmente onesti, come inane ed inconcludente, e da tanti altri meno coinvolti in termini molto più … negativi. Il rigetto nei confronti di ideologie e programmi, che – ahinoi! – lasciano il tempo che trovano. Il rigetto nei confronti dei partiti, svuotati, screditati, ormai ridotti ad acronimi – ma aumentati enormemente di numero ed appetito – la cui credibilità è oggi pari a quella della cosmologia tolemaica (terrapiattisti esclusi, ovviamente).

Se poi entriamo in medias res, il duello a destra, risoltosi, come era chiaro fin da subito, a favore di chi ora ha il coltello dalla parte del manico, nella sostanza è sembrato essere quello tra la padella e la brace. Con un grande rammarico, che, però, può diventare anche un altrettanto grande insegnamento. Il rammarico sta nel secondo fallimento sardista alla guida della Regione, nella seconda occasione mancata dal PS d’Az. L’insegnamento invece risiede nel fatto che questi due fallimenti o occasioni mancate sono avvenuti entrambi con una leadership sardista alla guida – se così si può dire!!! – di coalizioni “italiane”, di sinistra allora, di destra adesso.
Una lezione che dovrebbe essere anche un ammonimento a non ripetere ancora lo stesso errore. Una lezione valida per tutti i Sardi che hanno conservato almeno un grammo di fiducia in un futuro migliore per la nostra isola.
Ragionando in tal modo, e non lasciandosi travolgere dalla prostrazione di fronte alla spaventevole visione del disastro socio-economico sardo, discendente diretto di tale politica “indigena” debole e miope, l’unico appiglio per motivarsi ed andare a votare può essere quello di individuare un soggetto politico portatore di una proposta e di un progetto politico autenticamente “sardi”, di un progetto che abbia come obiettivo iniziale quello di posare la prima pietra per l’edificazione di un partito nazionale sardo.
Domanda: possono esserlo tutte quelle sigle che contengono l’aggettivo “italiano” o quei partiti che si richiamano a modelli centralisti di savoiarda o predappiese memoria o quei movimenti che, pur nati federalisti, hanno poi progressivamente assunto le sembianze ruvide di certo nazional-populismo clerico-conservatore, per decenni dormiente, ma, adesso, rifiorente? Evidentemente no.
Qualche giorno fa ho letto in facebook un breve post, che mi ha colpito. Ecco il testo: “Non stiamo presentando solo una lista, ma l’avvio di un percorso per un nuovo partito sardo: un progetto con testa, cuore, ragionamenti, ambizioni e orizzonti in Sardegna.
C’è bisogno di una storia diversa rispetto a quella che ci stanno proponendo …”. Firmato Renato Soru.
Beh, dopo questa lettura il mio granitico proposito di astenermi è diventato meno solido. Certo può essere l’ennesima illusione. Certo è concreto il rischio di andare incontro ad una cocente delusione.
Ma, d’altro canto, che abbiamo da perdere? Quel che non è avvenuto finora, può avvenire domani.