Dall’anno scorso gli studiosi e i cultori della nostra letteratura quattro-cinquecentesca ed epico-cavalleresca hanno a disposizione un nuovo, importante testo, che, tra l’altro, colma una grave lacuna storico-critica durata un paio di secoli. Si tratta della prima integrale traduzione italiana della monumentale – 9 volumi! – edizione critica inglese dell’ ‘Orlando Innamorato di Bojardo; Orlando Furioso di Ariosto; with an Essay on the Romantic Narrative Poetry of the Italians’ , originariamente curata e pubblicata, tra il 1830 e il 1834, da Antonio Panizzi a Londra, per i tipi dell’editore William Pickering. La particolarità di questo lavoro del Panizzi, riparato nel Regno Unito per motivi politici, risiede nel fatto che i due poemi sono posti in un “intimo” legame di continuità o, se vogliamo, di contiguità, quasi un unico corpus epico-cavalleresco, almeno dal punto di vista tematico.
A curare questa prima edizione italiana in cinque volumi – ‘Orlando Innamorato di Bojardo; Orlando Furioso di Ariosto; Con un Saggio sulla Poesia Romanzesca italiana; Memoriale e Note di Antonio Panizzi‘; ‘La Vita di Bojardo e l’Orlando Innamorato (Lib. I C. I-XXIX)‘; ‘L’Orlando Innamorato con note e notizie bibliografiche (Lib. II C. I-XXXI, Lib. III C. I-IX)‘; ‘La Vita di Ariosto e l’Orlando Furioso (C. I-XXII)‘; ‘Orlando Furioso con note e notizie bibliografiche delle edizioni di Ariosto (C. XXIII – XLVI)’ – è stato il giovane studioso oristanese Roberto Rampone per le Edizioni Efesto di Roma. Il Rampone, diplomatosi all’allora ITC “Atzeni” di Oristano per poi trasferirsi a Firenze, nel cui prestigioso ateneo ha conseguito la laurea in Filosofia e, successivamente, quella in Biblioteconomia, ha scoperto la figura e l’opera di Panizzi proprio durante i suoi studi biblioteconomici fiorentini ed il suo lavoro presso la locale Biblioteca Nazionale Centrale, dove si trovano due esemplari completi degli Orlandi panizziani.
A Panizzi, alla sua opera di letterato, filologo e critico, e, appunto, alla dettagliata presentazione e descrizione dei due esemplari fiorentini giunti fino a noi, Rampone ha dedicato anche un volume monografico introduttivo: ‘Antonio Panizzi letterato: fra Boiardo e Ariosto’, uscito sempre per Efesto nel 2024, e che, tra le altre cose, offre un buon numero di pagine sulla parziale traduzione, nelle diverse stesure, fatta da Giosuè Carducci delle ‘Lives‘ di Bojardo e Ariosto, con la riproposizione di alcuni estratti e brani accanto all’originale inglese. È infatti noto che l’illustre poeta e letterato di Valdicastello avesse in animo e in progetto un lavoro monografico su Bojardo, rimasto però tale, e che, a tale scopo, avesse consultato il testo panizziano, di cui si era procurato una copia.
Ma chi era Antonio Panizzi? Brescellese, nato alla vigilia della marea napoleonica, che avrebbe sommerso l’Italia e l’Europa, studio’ presso il liceo ginnasio gesuita di Reggio Emilia e iniziò a frequentare la contigua Biblioteca Comunale, oggi intitolatagli, prima tappa di un percorso che lo avrebbe portato ad essere uno dei padri nobili della moderna biblioteconomia.
Panizzi passò poi a Parma, dove consegui’ la laurea in Giurisprudenza (1818). Dedicatosi alla professione legale nel suo paese natio, Panizzi iniziò ad occuparsi anche di politica, proprio quando, in piena epoca di restaurazione metternichiana dell’assolutismo, iniziarono ad avvertirsi diffusamente in Europa le conseguenze socio-politiche del portato rivoluzionario francese. E lo stesso Panizzi non sfuggi’ a questo “contagio”, entrando a far parte dei Sublimi Maestri Perfetti, una società segreta di ispirazione massonica fondata in quegli stessi anni dal rivoluzionario giacobino Filippo Buonarroti, con l’obiettivo di unire l’Italia liberandola dalla presenza straniera, cioè austriaca. Questa appartenenza costò a Panizzi le pericolose attenzioni della polizia ducale in seguito ad un decreto repressivo delle società segrete. Il giovane avvocato allora decise di fuggire in Svizzera, dove però scrisse un violento pamphlet contro il regime poliziesco modenese. Perciò fu condannato in contumacia alla forca e costretto a prendere la via dell’esilio inglese (1823).
Nel Regno di Giorgio IV, grazie all’appoggio di illustri personalità della cultura, come Sir William Roscoe e alla rapida quanto approfondita acquisizione della padronanza linguistica dell’inglese, Panizzi si affermò prima come docente di lingua e letteratura italiana – proprio in quegli anni iniziò il suo lavoro di studio e di approfondimenti su Bojardo e Ariosto, oltre che su Dante – e, poi, dal 1831, lavorando alla British Museum Library, dal 1856 Biblioteca Nazionale del Regno Unito, di cui sarà per lungo tempo direttore. A Panizzi si deve l’acquisizione di un, non solo per l’epoca, impressionante numero di opere, anche grazie alle donazioni di varie e ragguardevoli biblioteche e collezioni private che seppe ottenere. Nel contempo Panizzi riorganizza la catalogazione, la disposizione, e le stesse modalità e possibilità di accesso e fruizione – inclusi i locali (la famosa Round Reading Room) – con regole e sistemi innovativi, costituenti le basi per i metodi poi universalmente adottati.
Accanto a questa meritoria attività, il Nostro non mancò mai di mettere al servizio della causa unitaria italiana le sue relazioni ad alti livelli in quel di Albione, in particolare nell’ambito Whig (su tutti il Gladstone e il Palmerstone maturo), meritandosi per questo la nomina a Senatore del regno (1868).
Da tempo però, a parte l’ambito accademico e quello biblioteconomico, il suo nome e la sua figura, come del resto molti altri importanti uomini di cultura, scrittori, artisti e anche politici dell’Ottocento risorgimentale – tra cui per esempio un altro valido letterato e studioso in quegli stessi anni esulato nel Regno Unito, Gabriele Rossetti, che con Panizzi fu tutt’altro che in buoni rapporti – è finita ai margini dell’attenzione pubblica e scolastica. Anche per questo aspetto, oltre ad aver restituito alla nostra fruizione un’opera notevole e di vastissima erudizione quali sono gli ‘Orlandi’ di Panizzi, il lavoro del nostro concittadino Roberto Rampone merita di essere conosciuto e lodato.