IL FILM ‘EMILIO LUSSU – IL PROCESSO’ DI GIANLUCA MEDAS [Adriano Sitzia]

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Quando la settima arte si cimenta nell’arduo lavoro di ricostruzione, ancorché limitata ad un solo evento cruciale, della vita di un personaggio storico non solo significativo ma assurto a livello di mito, i rischi di deragliamento in un senso o nell’altro sono quantomai concreti. Proprio con questo allarmante timore ieri sera mi sono accostato alla visione di ‘Emilio Lussu – Il processo‘ del regista, scrittore e attore cagliaritano Gianluca Medas (figlio del grande Mario, protagonista della scena teatrale novecentesca in Sardegna). Un timore, il mio, smentito dai fatti: infatti Medas, alla sua prima esperienza nella regia cinematografica, ricostruisce in maniera originale, essenziale, asciutta, i tragici fatti cagliaritani del 31 ottobre 1926, che videro protagonista il leader e parlamentare sardista Emilio Lussu, e la successiva (un anno dopo) “carbonara” camera di consiglio dei giudici Marras, Lobina e Manca Casu, che ebbero il coraggio, per l’epoca eroicamente sfrontato, di mettere nero su bianco, nonostante la bava alla bocca del regime, il non luogo a procedere per legittima difesa nei confronti dello stesso “Capitano”. Ma soprattutto Medas ha scelto di farlo non classicamente, cioè riproponendo per immagini la vicenda in se’, ma inserendola nelle tappe della storia stessa di questo film, dalla genesi – uno spettacolo teatrale del 2015 – attraverso la realizzazione delle varie scene, di cui poi è mostrato il risultato finale: una sorta di docufilm sul film e nel film. In questo modo piuttosto singolare, emerge chiaramente lumeggiata sia la Cagliari fascista, i suoi solerti capetti – peraltro non molto dissimili dal fanatico podestà “senz’altro” Pennica (Gianni Agus) del corbucciano ‘I due marescialli‘ -, i suoi gregari-fantoccio, ma anche la condizione quasi servile dei rappresentanti istituzionali di uno Stato, abbassatosi ad ancella del regime tanto da abdicare ai suoi principali doveri, compiti e funzioni, tra cui la tutela dell’incolumità fisica di tutti i cittadini, inclusi quelli non allineati con il vigente pensiero unico mussoliniano e con il prevalente conformismo sociale che caratterizzò la sua affermazione e il suo consolidamento. Un pensiero unico, che, come ricorda lo stesso Medas nel film, è parte importantissima anche del mondo d’oggi, tanto votato al consumismo quanto, appunto, all’omologazione.

Senza voler spoilerare, mi sembra necessario ricostruire per sommi tratti la vicenda. Il 31 ottobre 1926, a Bologna, durante gli eventi celebrativi della Marcia su Roma, Anteo Zamboni, appena quindicenne, attenta alla vita di Mussolini. Viene subito preso e letteralmente massacrato da un gruppo di camicie nere. I retroscena di questo attentato non vennero mai chiariti, perché non si volle andare veramente a fondo. Invece l’attentato fu utilissimo per l’ennesimo giro di vite nei confronti di ciò che rimaneva delle ormai marginalizzate opposizioni politiche. Ed ecco allora i fascisti cagliaritani, informati del ritorno nel capoluogo sardo di Lussu, mobilitarsi e organizzare una … manifestazione contro l’illustre e ancora popolare e rispettato leader sardista. Giunti sotto il palazzotto in cui il politico e avvocato armungese aveva lo studio, alcuni dei manifestanti tentarono di farvi irruzione. Tra questi, il giovane ed irruento Battista Porra’ si arrampica fino al balcone, tentando di issarvisi e di farvi salire anche il camerata Baldussi, poi diventato uno dei principali testimoni d’accusa. Lussu, appostato dietro la persiana con in pugno una Beretta semiautomatica, legalmente detenuta, spara un colpo che colpisce alla testa il Porra’. Legittima difesa, come sostiene Lussu e come sembrano timidamente pensare anche alcuni ufficiali di pubblica sicurezza, oppure omicidio volontario, come esige la procura e come vuole e reclama lo stesso guardasigilli Rocco!?

Alla fine il collegio giudicante, esaminati nel dettaglio fatti e testimonianze, superati dubbi e non pochi timori, consapevole dei rischi che può correre, nonostante tutto opta per il riconoscimento della legittima difesa, cioè per la libertà ed il coraggio di fare il proprio dovere decidendo secondo coscienza e non secondo il “superiore” volere. Tuttavia Lussu fu comunque tolto di mezzo, venendo spedito “in villeggiatura” a Lipari, da cui tre anni dopo riuscì, con una clamorosa evasione, a fuggire insieme a Carlo Rosselli e Fausto Nitti.

Un film, dunque, che merita di essere visto per la sua impostazione particolare e la sostanziale onestà intellettuale del suo autore, nonostante qualche, forse inevitabile, piccola scivolata retorica – soprattutto nei dialoghi tra i magistrati – e la innocente cartolina finale sui panorami casteddai, peraltro belli. Bravo Medas, essenziale il redivivo Lo Verso, convincenti e anche incisivi gli altri comprimari e le comparse. Voto più che positivo.

Buona visione.