REGGIA GIUDICALE: ORISTANO DEVE MOBILITARSI PER RIAVERLA [ADRIANO SITZIA]

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L’associazione ‘Oristano nascosta‘, tenendo fede allo scopo per cui nove anni or sono è stata costituita, ha riproposto, attraverso un incontro dedicato, il tema della restituzione alla città e ai Sardi della Reggia degli Arborea, alias ex carcere di piazza Manno. Il convegno, svoltosi venerdì sera nella sala dell’Hospitalis Sancti Antoni, per la sapiente regia del presidente dell’associazione, dott. Marco Gaetano Piras, ha permesso ai convenuti di avere un quadro aggiornato sia dal punto di vista storico che da quello burocratico-normativo della situazione di questo edificio, che, almeno nelle intenzioni del suo proprietario, lo Stato italiano, sembra destinato ad ospitare la Prefettura.

Proprio il Piras, introducendo i lavori, dopo i saluti del Primo cittadino Massimiliano Sanna e dell’assessore Faedda, ha subito messo in rilievo quello che oggi è il quesito o, se vogliamo, il dilemma principale: è credibilmente compatibile la conoscenza, la preservazione e la valorizzazione di questa struttura dall’inestimabile valore storico-simbolico-identitario non solo per Oristano ma per tutti i Sardi, con la sua prevista trasformazione in uffici? E non sarebbe il caso di prendere in considerazione, per ciò che riguarda la rilocazione della Prefettura e/o di altri uffici statali, soluzioni alternative, che certo non mancano, come l’ex Banca d’Italia di via Donizetti o la caserma di viale Repubblica, che attualmente ospita pochissimi militari?

A questa domanda hanno dato risposta, ciascuno da un particolare punto di vista, Franciscu Sedda, docente di semiotica e politico di area indipendentista, Gian Valerio Sanna, già assessore e consigliere regionale, la soprintendente ABAP di Sassari e Nuoro Monica Stochino e Pietro Arca, ex sindaco di Oristano e di Sorradile.
Per il prof. Sedda, che ha preso le mosse da una citazione di Sergio Atzeni, la Reggia, sottoposta alla memoriae damnatio sardo-spagnola prima e poi piemontese, del cui dominio è diventata simbolo con la sua trasformazione da sede ufficiale di sovranità autoctona e di autodeterminazione sarda a luogo di privazione della libertà, la sua riacquisizione e il suo recupero al patrimonio ideale sardo sono passaggio ineludibile per il futuro stesso della comunità oristanese e sarda.
Gian Valerio Sanna ha ricordato ciò che la RAS ha già fatto affinché l’edificio ritornasse in possesso della città: prima, nell’ambito della redazione PPR, il suo inserimento nella lista degli elementi con valenza storico-culturale degni di tutela, e poi (2016), dopo la formale dismissione da parte del Ministero della Giustizia, la lettera della stessa Regione sarda al Demanio dello Stato sulla base dell’art. 14 del nostro Statuto speciale (“La Regione, nell’ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso quello marittimo. I beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finche duri tale condizione“) per il passaggio dell’ex carcere alla stessa Regione. A quest’ultima ufficiale richiesta ad oggi non è stata data nessuna risposta! Secondo Sanna: “E’ giunto il momento da parte dell’Ente regionale di chiederne riscontro, mentre tutta la comunità oristanese deve ritrovarsi unita in questa rivendicazione!“.
L’ing. Stochino ha subito sottolineato che l’ex carcere è bene architettonico soggetto a tutela integrale, per cui i protocolli, gli strumenti e gli indirizzi di valutazione di ogni eventuale progetto di rifunzionalizzazione che lo riguardi sono chiari e, insieme, rigidi: questo progetto deve prevedere un preliminare e accurato studio del sito e delle strutture di un edificio peraltro complesso e pluristratificato quale risulta essere l’ex casa circondariale di Piazza Manno. Tuttavia la soprintendente ha con forza anche rimarcato la necessità di un riuso dell’edificio, quale unico modo per garantirne una buona conservazione evitandone l’inesorabile degrado e la rovina.
Da parte sua, Pietro Arca ha voluto ricordare ciò che, nel 1987, la Giunta Gaviano, della quale faceva parte come assessore con delega ai lavori pubblici, fece per ottenere la tutela del bene da parte della Soprintendenza e per manifestare ufficialmente, con lettera al Ministero, l’interesse del Comune a riaverlo. Arca ha anche rievocato un fatto curioso, avvenuto durante un sopralluogo al carcere fatto, sempre nel 1987, da lui insieme all’ingegnere Gabriele Tola della Soprintendenza di Cagliari: la scoperta di un grande locale sotterraneo in cotto, alto almeno 2,70 m, poi immediatamente fatto riempire con calcestruzzo.

La storia delle varie regge giudicali oristanesi è stata proposta dal professor Casu, che ha identificato con la Curia Nova citata nella documentazione storica disponibile l’edificio di Piazza Manno, distinguendolo da una precedente Curia Vetus, anch’essa riscontrabile nei documenti antichi, della cui ubicazione ha proposto le ipotesi più verosimili. Casu inoltre ha illustrato una descrizione di tutto ciò che la Reggia conteneva e ospitava, dalla cancelleria alla guardia di palazzo, dalla Cappella del Santo Salvatore alla tesoreria e a tutti gli altri servizi necessari al funzionamento della corte giudicale.

L’architetto Fabio Virdis che alla Reggia, al Castello e alla adiacente Porta Mari ha dedicato una approfondita tesi di laurea, poi arricchita da ulteriori studi, ha ricostruito la complessa storia dell’edificio attraverso i secoli, i cambi di destinazione, gli interventi, le modifiche e le superfetazioni che ne hanno caratterizzato la vita. Virdis ha ribadito la necessità di una completa, approfondita e accurata “radiografia” di tutta la struttura e di ciò che certamente vi è sotto, tale da tentare di colmare le tante lacune di conoscenza che ancora permangono relativamente alla reggia e in generale all’Oristano giudicale.