‘ACCADEMIA CRONO. IL SICARIO E’ IMMORTALE’, ROMANZO DI MARIA FRANCESCA OBINU [ ADRIANO SITZIA]

0
109

Per molti decenni le vestali della cultura ufficiale italiana hanno relegato ai margini tutti quei “prodotti” che non fossero definibili “autoriali”, nonostante il favore che il vasto pubblico dimostrava nei confronti di queste opere (o, forse, proprio a causa di tale favore!). Così la letteratura o il cinema di genere come la musica “commerciale” solo in anni recenti hanno potuto acquisire dignità di analisi, studio e valorizzazione almeno da parte delle nuove leve della critica molto più aperte o, forse, soltanto meno atteggiatamente sofisticate. E sempre più spesso i giovani autori, scevrati da tali antichi preconcetti, si cimentano deliberatamente con generi letterari e cinematografici come il giallo, il thriller, l’horror, il fantasy ecc. non solo con mestiere ma, a volte, con esiti tutt’altro che banali.
In tale cornice bisogna inserire anche una giovane autrice oristanese, Maria Francesca Obinu, con la sua opera narrativa più recente, il romanzo ‘Accademia Crono. Il sicario è immortale‘, uscito per l’editore Kitsunelab, a metà del 2024, dopo l’esordio narrativo con ‘Vita e amori di Harvey Connor‘ (Porto Seguro 2023).
Il titolo di questo romanzo fa immediatamente pensare ad un giallo, a un thriller o a una spy story, generi da me prediletti soprattutto nella – ahimè! – ormai lontana gioventù. In realtà mi sono trovato di fronte ad un ibrido, dove però a prevalere su tutti gli altri è l’aspetto fantascientifico. Quella sci-fi che, solo alquanto saltuariamente, aveva fatto parte delle mie letture giovanili: mi viene in mente qualche titolo della peraltro famosa e longeva collana mondadoriana ‘Urania‘, come ‘Fuga dal futuro‘ di Clifford Simak, oppure opere come ‘L’anno del sole quieto‘ di Tucker, che, pur avendomi dilettato, pero’ non hanno – come posso dire? – acceso o suscitato particolari passioni (a differenza del cinema). Tuttavia, con il senno di poi, posso dire che sono state letture utili, consentendomi di conoscere, seppure solo molto parzialmente, argomenti, plot e modi narrativi del genere. Uno di questi temi è proprio il viaggiare nel tempo, che Maria Francesca Obinu pone come asse portante del romanzo, però rielaborandolo cameronianamente e secondo quell’idea ucronica di storia virtuale, che, tra gli altri, portò un secolo fa lo storico inglese John Collings Squire a curare una famosa antologia dall’inequivocabile, specifico titolo ‘Se la storia fosse andata diversamente‘. Infatti anche ‘Accademia Crono‘ si muove nel senso di una possibile negazione della incontrastabile ineluttabilità delle vicende storiche e umane.
Nello specifico l’autrice ci porta a Napoli, città a lei cara anche a motivo dei suoi studi all’UniOr, in un giorno d’estate, esattamente il 6 luglio del 2323. Ore 10.27, sede di ‘Crono per i viaggi nel tempo’, antica e ultrasegreta accademia, fondata ben tre secoli prima. L’unico scopo e compito di questa istituzione militare è quello di vigilare sulla storia (passata, presente e … “futura”) per individuare e togliere di mezzo tutti quei personaggi che, potendo invece proseguire nella loro esistenza mortale, sarebbero fatalmente, in qualche misterioso modo, causa dell’estinzione dell’umanità. Per far ciò, l’Accademia, oltre a disporre di un comitato di esperti incaricato di scoprire i bersagli da eliminare, accoglie periodicamente allievi, per poi sottoporli ad un corso molto duro, competitivo e selettivo, tanto che solo pochissimi aspiranti lo superano, diventando … terminators. Tali eliminatori sono poi inviati in ogni momento preciso della storia umana in cui vive ed opera una persona appunto nefasta per le sorti dell’umanità. In queste missioni ogni agente della Crono è coadiuvato da un complice-fiancheggiatore molto speciale in quanto “immortale”, che arriva nell’epoca prefissata qualche anno prima per identificare e studiare il target, inserirsi nell’ambiente, predisporre logisticamente l’azione e, in caso di estrema necessità, sacrificarsi al posto del sicario.
Quel 6 luglio è il giorno della consegna dei gradi ai cadetti, anzi all’unico cadetto che ha superato l’ultimo corso: Davide Terenzi.
Il romanzo sostanzialmente è la storia della carriera di Terenzi dalla sua prima missione, piena di dubbi, di dolore e di rimorsi, attraverso un progressivo affinamento del mestiere ed un’altrettanto crescente presa di coscienza di ciò che questo “lavoro” comporta a livello di logorio e sofferenza morale – tanto più quando ci si trova di fronte a bersagli che tutto sembrano tranne pericolosi -, fino all’epilogo.
Parallelo alle vicende professionali del nostro “agente scelto – viaggiatore nel tempo” è il percorso, cronologicamente disordinato, del rapporto tra lo stesso ed il “suo” immortale (Cassio), che approderà al porto del vero amore: quell’amore che, come scrisse un secolo fa Hesse, “s’avvicina e il nostro buio sentiero rischiara con la sua fiamma quieta” (ma, nel caso di Davide e Cassio, Dio non c’entra).
La narrazione, in terza persona con frequente inserzione di dialoghi diretti soprattutto tra i due protagonisti, è scorrevole e di piacevole lettura. Si segnalano alcune scene d’azione, rese con dinamica efficacia (anche se, a mio avviso, qualche “goccia” di Grand Guignol avrebbe potuto renderne più forte e caratteristico il sapore). Le descrizioni di luoghi e ambienti risultano credibili, colorate ma non invasive, esito di un attento lavoro di ricerca, ben evidenziato anche da una caratteristica delle vittime di Terenzi. Si tratta infatti di personaggi realmente esistiti e, almeno nella loro epoca, alquanto importanti e conosciuti: un economista e statistico inglese dell’Ottocento, uno dei capi della congiura contro Giulio Cesare, un sindaco SPD di Dortmund, un gran maestro templare ecc. Tra questi desta interesse e curiosità il pittore Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai’/Salaino. Una curiosita’ dovuta non tanto alla sua eclissi storica, che ne determinò la scomparsa a favore di un immaginario Andrea Salaino, quanto al suo speciale rapporto con il suo maestro Leonardo da Vinci. Infatti di Leonardo il Caprotti fu insieme allievo, collaboratore, modello e, si disse, amante. Quasi sicuramente non casuale è stato il suo inserimento nel romanzo da parte di Maria Francesca Obinu, che della tematica LGBT ha fatto uno dei temi centrali di entrambi i suoi romanzi.
I due protagonisti, la loro storia e il loro rapporto appaiono ben delineati e caratterizzati. In particolare risalta il personaggio di Cassio, nelle sue varie versioni temporali, con il suo acquisito scetticismo, la sua radicale ostilità al Cristianesimo liberticida ma, nel contempo, la speranza nell’amore e nel sollievo che può derivarne soprattutto per uno nella sua particolare condizione, solo apparentemente privilegiata.
Nel romanzo non mancano neppure i riferimenti ai potenzialmente gravi pericoli futuri di un “progresso” mal guidato e gestito e poco controllato. La qual cosa ci riporta direttamente – e drammaticamente – ai confusi tempi d’oggi e ad un domani che a tanti appare se non difficile, certo alquanto incerto e caotico per il destino di un’umanità quanto mai demograficamente smisurata, divisa, disorganizzata e impacciata.
Sperando che i futuri pazienti del già periclitante S.S.N. possano vedere nel prontuario terapeutico del 2323 almeno qualcosa di più … up to date del Salbutamolo e dell’Ibuprofene, certamente ‘Accademia Crono‘ merita attenzione non solo da parte degli appassionati del genere. Lettura consigliata!!!