LA QUESTIONE PALESTINESE: CONFERENZA ALL’ITIS ‘OTHOCA’ DI ORISTANO [ADRIANO SITZIA]

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Recentemente ha destato un certo allarmato interesse il sondaggio SWG, reso noto a fine marzo, sull’eventuale gradimento di un “premier con le mani libere“. Questa soluzione, ovviamente (!!!) per rendere l’Italia più giusta, più efficiente e più sicura (?) pare che abbia trovato ampio consenso nelle fasce più giovani della popolazione italiana con diritto di voto: infatti il 42 % degli under 24 e, addirittura, il 52 % di coloro che hanno tra i 25 ed i 34 anni si è detto favorevole.
Ora, pur con tutte le dovute cautele di fronte a questo tipo di rilevazioni, numeri come quelli di sopra, non devono stupire oltremodo. Infatti, oltre alla tradizionalmente scarsa attenzione verso le nuove generazioni, la loro formazione e la loro stessa crescita come futuri cittadini, in questa nostra gerontocrazia lo spazio riservato alle nuove leve è sempre stato limitato o, comunque, sottoposto a rigide limitazioni e regole, tra cui una delle più note recita: “Devi attendere il tuo turno” (alias “campa cavallo che l’erba cresce“). In 13 anni (2011 – 2023) ben 550.000 giovani sono andati via dall’Italia, che, al netto dei rientri, diventano 377.000. In pratica come se in 13 anni fosse scomparsa … Firenze!!!
Se possibile pure peggio vanno le cose in politica. Da un lato è innegabile un certo ringiovanimento della classe politica, anche se quasi tutte le “new entries” cantano con l’autotune. Dall’altro la maggioranza dei giovani mantiene “scrupolosamente” la distanza dalla politica attiva, nonostante consulte giovanili, consigli comunali di ragazzi, scuole politiche e altre “menate” del genere, per la serie “sotto il vestito niente”.
In tale desolante panorama che però poco o nulla interessa alle classi dirigenti di questo Paese, il cui unico scopo, nonostante l’evidente declino italiano, è la perpetuazione dello status quo, ben vengano le iniziative serie rivolte ad una concreta formazione culturale e civile dei ragazzi sui grandi temi e problemi che caratterizzano, spesso tragicamente, l’oggi, intus et foris i confini nazionali. Così, stamane, ho potuto assistere, con molto interesse, ad una conferenza sul conflitto israelo-palestinese, organizzata dall’ITIS ‘Othoca’ di Oristano attraverso il dirigente, prof. Frongia, ed i docenti professori Mimi Salis e Andrea Maulu.
A parlare di questa tragica, sanguinosa quanto “sucia” guerra è stato Nicola Melis, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Cagliari, il cui ambito di ricerca ha riguardato in special modo la storia dell’Africa mediterranea e del Vicino Oriente e l’Impero Ottomano. Tra le sue pubblicazioni si segnalano l’importante monografia ‘L’Africa ottomana. Una storia dimenticata‘ (2018) nonché il contributo e la curatela (con Elisa Giunchi) del recentissimo (2024) volume collettaneo ‘The Abolition of the Ottoman Caliphate, 1924‘.
Melis ha ripercorso a ritroso le tappe di questo scontro, che ha caratterizzato la storia mondiale fin dall’immediato secondo dopoguerra, le cui radici però risalgono alla nascita del nazionalismo sionista già alla fine dell’Ottocento e, più concretamente, alle spregiudicate politiche di promesse condotte dal governo inglese a ridosso e durante la Prima guerra mondiale, nello spericolato tentativo di procacciarsi – a costo zero! – alleati contro il temibile blocco degli imperi centrali. Promesse che, per quanto riguarda il Medio Oriente, coinvolsero sia il mondo arabo (la creazione di uno stato panarabo) sia il nascente sionismo, il cui programma era efficacemente riassunto in uno slogan, che, pur non originale, divenne piuttosto popolare in quei decenni: “A land without a people for a people without a land“, cioè il ritorno del popolo ebraico in Palestina, ritenuta priva di un suo popolo (che invece c’era!). Proprio di questo slogan e delle varie correnti nazionaliste all’epoca in voga, Melis ha sottolineato la natura razzista, che muoveva dalla superiorità culturale, tecnologica e quindi intellettiva dell’europeo bianco rispetto agli altri popoli, a loro volta visti, descritti e classificati stereotipicamente, e quindi oggetto di una necessaria missione civilizzatrice, alias colonialismo o, comunque, quando meno primitivi, almeno di una “tutela” (quest’ultimo era il caso degli arabi).
Il professore Melis ha poi rimarcato l’ambiguità storico-semantica di termini o espressioni o concetti comuni nel linguaggio mediatico come “razza musulmana“, che non esiste né etnicamente né culturalmente, o “antisemitismo“. Detto che anche gli arabi sono semiti, Melis è entrato nel merito del significato politico che “antisemitismo” ha acquisito soprattutto negli ultimi anni, allorché è stato ripetutamente usato nei confronti di chi ha espresso critiche politiche nei confronti del governo di Gerusalemme, sulla base dell’equazione: chi è contrario alla politica dello Stato di Israele, o anche solo dubbioso, è un antisemita. Tra l’altro Melis considera la stessa definizione di “antisemitismo” redatta – Budapest 2016 – dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) e poi adottata da molti Stati, tra cui l’Italia (2022), seppur ampia e articolata, non priva di possibili equivocità, come la possibile sinonimia con “antisionismo” o la stessa citata relazione di equivalenza con la semplice critica a determinate politiche anti-palestinesi da parte dello Stato israeliano. A questo proposito Melis ha anche, seppur rapidamente, affrontato l’altro spinoso tema della definizione di “genocidio” inteso soprattutto come reato, e di cui il governo israeliano è stato recentemente accusato da più parti.
Infine, il docente cagliaritano ha dato uno sguardo al futuro, esprimendo il suo profondo scetticismo sulla soluzione dei due Stati e ancor di più su quella di una sorta di Stato federale, e amaramente commentando quella trumpiana della deportazione dei Palestinesi da Gaza per trasformare questa malavventurata città in una gigantesca Las Vegas mediorientale.
Tra le letture consigliate dal professor Melis vi sono i lavori del collega dell’Università di Torino, Lorenzo Kamel, tra cui, fresco di uscita, proprio ‘Israele-Palestina in trentasei risposte‘.