Appuntamento pre-pasquale, ieri ad Oristano, con il Festival letterario e musicale ‘Shardano‘. Nell’omonimo locale, il bar-pasticceria di via Biasi, a presentare le sue più recenti opere questa volta è stato Fabrizio Raccis.
Cagliaritano di Castello, quarantenne, Raccis, poeta-operaio, ma anche narratore e saggista, sollecitato dalle domande di Roberto Rampone, ha sunteggiato il suo percorso nella scrittura, dai primi casuali versi, scribacchiati su un quaderno durante le lezioni alle superiori e notati dal suo docente di lettere, attraverso le giovanili prove ispirate alla sua innata curiosità per i fatti della vita, soprattutto tragici e quindi emozionanti, e per i misteri, fino alle scelte più recenti, incentrate sui temi dell’amore e del viaggio interiore, intimamente connessi.
E proprio l’amore e il viaggio interiore hanno ispirato ‘Gli occhi di Penelope‘ (Catartica Edizioni 2024), una rilettura dell’Odissea, che utilizza l’abito epico omerico per offrire al lettore una storia d’amore intima, in cui le traversie di Ulisse e di Penelope e tranches de vie dello stesso Raccis si abbracciano, per essere trascese in una vicenda d’amore eterno. “Il punto di partenza degli ‘Occhi di Penelope’ – ha proseguito Raccis – è lo stesso del mio precedente lavoro poetico, cioè ‘La carne di Betsabea’: in entrambe le opere, infatti, ho preso le mosse da una vicenda d’amore famosa ma alquanto particolare. Nel caso della ‘Carne di Betsabea’, è l’attrazione – è proprio il caso di definirla fatale – del re Davide verso questa donna, moglie di Uria, un suo soldato, di cui però il sovrano ad un certo punto decide di sbarazzarsi. Questo per poter sposare Betsabea, che aveva messo incinta, quindi amore, colpa, peccato, non manca niente! Ho in progetto di completare una vera e propria trilogia sull’amore con un’ulteriore opera, che sto iniziando a concepire“.
Ben diversa è la genesi del suo saggio ‘Edgar Allan Poe. Il mistero della morte’ (Catartica 2021), dedicato appunto alla misteriosa scomparsa di colui che può essere considerato, dopo gli esordi anglosassoni settecenteschi e romantici – su tutti il ‘Frankenstein‘ di Mary Shelley – il vero iniziatore della moderna letteratura gotica, nonché del poliziesco e uno dei precursori del genere fantascientifico.
Della persona e della vita di questo grande bostoniano circola una versione tutt’altro che agiografica: quella di un Poe uomo vizioso fino all’inverosimile, drogato, gran bevitore, sciupafemmine, insolvente, corrotto ecc. ecc. Una versione che però ha contribuito, se possibile, a creare attorno alla sua figura quel fascinoso alone mitico da poète maudit – fortunata idea romantica del poeta che proprio in quel periodo andava formandosi – elemento forse determinante per il successo, ancor oggi immutato, della sua stessa produzione letteraria. Un’influenza vasta e appunto duratura quella di Poe sui posteri, come dimostrano gli stessi ormai immortali versi di ‘The Raven‘, che hanno ispirato tanta letteratura, cinema e musica ininterrottamente dall’Ottocento ad oggi (Pasolini, Lou Reed, Alan Parson Project solo per citare alcuni degli artisti più recenti).
Questa biografia “in scuro” in realtà ebbe origine da un necrologio molto negativo, pubblicato sul ‘New York Tribune‘ a firma Ludwig, nickname dietro il quale si celava il critico ed editore Griswold, un uomo animato da forte agrezza nei confronti di Poe per precedenti dissapori e contrasti. Lo stesso Griswold scrisse pure una memoria su Poe, in cui mise nero su bianco l’elenco delle caratteristiche negative del letterato bostoniano.
Nonostante gli interventi di vari amici dello scrittore, che tentarono di smentire le numerose falsità divulgate dal Griswold, di fatto la versione di quest’ultimo si affermò e venne comunemente accettata. “Ma Poe – ha sottolineato Raccis – non era affatto così, se non, ma solo per taluni aspetti come l’abuso di stupefacenti, negli ultimi difficili anni della sua peraltro breve esistenza“.
Raccis si è soffermato soprattutto sulle alquanto insolite circostanze della morte dello scrittore americano: “E’ il 3 ottobre del 1849. Siamo a Baltimora, città all’epoca molto importante quanto malfamata e pericolosa. Ci troviamo davanti a un seggio, perché ci sono le elezioni. E’ proprio qui che Poe viene ritrovato semi-incosciente, immobile, vestito con abiti assurdamente accostati, certo non suoi – era una persona molto attenta all’aspetto -, delirante. Viene ricoverato, ma inutilmente: quattro giorni dopo muore. Cause del decesso: sconosciute, anche perché con lui scomparve la cartella clinica! Da allora tante sono state le ipotesi su tale strana fine“.
Per rispondere alla domanda sul come, quando e perché dell’interesse per le vicende di Poe, Raccis ha voluto ritornare indietro fino al suo famoso professore di lettere ed alla sua predilezione per lo scrittore americano: “Gli piaceva leggerci spesso brani di Poe – ha aggiunto – e lo faceva in un modo fin troppo … efficace! Comunque da allora, anche attraverso questo professore, ho iniziato a documentarmi ed a raccogliere tutto ciò che riuscivo a trovare su Poe e sulla sua biografia. Una ricerca che, proprio nel periodo del Covid, ho potuto accelerare, tra l’altro riuscendo a prendere contatto sia con il direttore del museo dedicato a Poe nella sua Boston, Jeff Jerome, sia con una docente del Boston College, importantissimi per ottenere ulteriore, indispensabile materiale. Ma la ricerca ancora prosegue e non escludo di poter pubblicare a breve un ulteriore, aggiornato contributo“.
Raccis si è anche soffermato sulla storica rivista di poesia e letteratura ‘Erbafoglio‘, di cui è appena uscito il n. 30 (aprile 2025) con, tra l’altro, due suoi componimenti: ‘Runaway‘ e ‘Le torri del tempo‘. “Dopo un periodo di eclissi – ha sottolineato il poeta, che fa parte della redazione della rivista – in cui però il progetto, che risale ormai a quarant’anni fa, non è mai stato abbandonato, giovani e meno giovani del gruppo, con il direttore Antonello Zanda e il responsabile editoriale Alberto Lecca, abbiamo deciso di riprendere il filo di Arianna di una poesia intesa come linguaggio senza confini e come confronto tra voci e culture vicine e anche, ma solo per le distanze geografiche, lontane; un filo che fa parte del dna di ‘Erbafoglio‘ “.
Infine Raccis ha accennato a quello che è stato prima solo un gruppo, o contro-gruppo social (attivo su facebook) dedicato anch’esso alla poesia, poi trasformatosi in una vera e propria rivista, ‘Penne armate‘. “Si era, mi pare, nel 2014 o nel 2015, periodo in cui stavano nascendo dei collettivi, per esempio Nucleo Negazioni e poi altri, che pubblicavano sui social versi di giovani artisti indipendenti e che rivaleggiavano tra loro. Da qui ci venne l’idea di realizzare una vera e propria rivista, diciamo fanzine, per proporre testi interessanti e meritevoli di attenzione, almeno secondo noi. Vi era anche una certa idea dissacratoria nei confronti di quella che consideravamo la bellezza artistica ufficiale, alla quale volevamo contrapporre una nostra idea di bellezza artistica. Ne sono stati pubblicati in formato digitale diversi numeri e anche qualche antologia di testi. Adesso però, almeno io ho un po’ mollato la presa“.
La serata si è conclusa con la lettura da parte dello stesso autore di alcuni suoi componimenti, che ne hanno confermato profondità e spessore artistico.
Il prossimo appuntamento letterario del Festival ‘Shardano‘ è previsto il 30 maggio.