Oggi un altro bel momento ha caratterizzato l’offerta culturale e scolastica oristanese. Infatti l’aula magna del nostro Liceo Scientifico ha, stamane, ospitato la presentazione del libro ‘Liberiamo Moro dal caso Moro. L’eredità di un grande statista‘, ponderoso tomo – 472 pagine – scritto da Angelo Picariello, quirinalista e prestigiosa firma di ‘Avvenire’, e uscito alcuni mesi fa per le Edizioni San Paolo, nella collana ‘Attualità e storia‘. Questo volume è dedicato all’approfondimento di ciò che è stato Aldo Moro giurista, penalista, docente universitario, padre costituente, diplomatico, statista, cattolico democratico ed europeista, al di là di quel drammatico sequestro e del suo tragico epilogo, su cui invece da decenni si focalizza l’attenzione dell’opinione pubblica.
L’evento, voluto ed organizzato dal MEIC, dall’Azione Cattolica Diocesana, dai MOvimento dei Focolari insieme con la dirigente del Liceo, professoressa Arzedi, il Centro Servizi Culturali e l’editore, ha permesso ai liceali, con i loro docenti Doloretta Marello e Andrea Pinna insieme a Stefano Pilia, moderatore dell’incontro, di approfondire la conoscenza di uno dei più importanti, moderni, colti e sensibili uomini politici della nostra Prima Repubblica – siamo sempre in attesa della vera Seconda! – dialogando con l’autore e ascoltando le testimonianze e le relazioni di don Enrico Perlato, per quanto riguarda le idee di Moro – per le quali recentemente e non a caso si è usata la definizione di “umanesimo penale” – sul significato e lo scopo primario della pena nell’ambito del “senso di umanità” e della “rieducazione” del condannato (art. 27 della Costituzione); e di Gianni Sanna, già dirigente provinciale della DC, dei Popolari e del PD, nonché più volte consigliere e assessore comunale, soffermatosi invece sul Moro uomo politico che sapeva guardare oltre gli steccati ideologici, aperto e dialogante, votato alla “mediazione”, e, insieme, statista perché in possesso di una “visione” e perciò capace di affrontare il presente tentando di leggerne le implicazioni in vista della costruzione di un futuro.
Picariello ha tratteggiato la figura di Moro, individuandone una sostanziale continuità di svolgimento e di azione, fin dalla sua attività in AC e dai suoi corsi universitari di Filosofia del diritto iniziati al declinare del fascismo: al centro del suo interesse c’è sempre stata la persona umana, non solo l’individuo in sé ed i suoi diritti ma, come recita l’articolo 2 della Costituzione, che deve tanto a Moro, l’individuo e i suoi diritti “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale“. Da ciò l’importanza che Moro diede alla democrazia ed alla buona salute della stessa vita democratica del Paese, per evitare il concreto rischio “che ad un fascismo se ne potessero sostituire cinque“, il rischio cioè della sua degenerazione partitocratica, poi risultata fatale per la Prima Repubblica e per i partiti storici.
Le osservazioni e le domande dei ragazzi hanno condotto Picariello a trattare la questione del ”compromesso storico” e della ”solidarietà nazionale”, di cui Moro non detiene il copyright e che però subito portò avanti con convinzione, intuendone la portata e misurandone l’importanza in ragione della salvaguardia della nostra ancora troppo fragile democrazia. In particolare ciò che era accaduto in Cile e, insieme, la potenzialmente periclitante situazione politica italiana, polarizzata su due grandi ed organizzati partiti di massa, di segno opposto, come la DC ed il PCI, ciascuno con oltre 10 milioni di elettori, in un momento di crisi, di grandi conflitti sociali e di repentino e incerto passaggio ad una società “moderna” ed occidentalizzata, lo portarono a fare da ponte tra il suo partito e quello comunista. Il PCI che, a sua volta, almeno in larga parte della sua dirigenza e militanza, aveva rinunciato al dogma rivoluzionario, aveva accettato le regole della vita democratica e le aveva fatte proprie. Ciò che invece “riusciva molto ostico – ha sottolineato Picariello – ad una certa destra, escludente e respingente, fanaticamente anticomunista, così come a quella sinistra inesorabilmente avversa alla società liberale e votata all’idea di un cambiamento radicale di tipo rivoluzionario”. Non a caso per gli esponenti di queste frange estremiste, che poi alimentarono il terrorismo rosso – ha continuato Picariello – “Moro, l’uomo del ragionamento, del confronto aperto e del dialogo sostanziale, della mediazione alta e responsabile, rappresentava il nemico più temibile, pericoloso e insidioso perché difficilmente demonizzabile“. Insomma un nemico da eliminare.
Venendo ai nostri tempi, alla nostra politica ed ai politici del nostro tempo, un po’ tutti gli intervenuti hanno fatto proprie le parole inserite dal card. Zuppi nella sua prefazione al libro di Picariello: parole che riferiscono di un divorzio fra cultura e politica, di una politica che vive solo del giorno per giorno e che è costruita soltanto su vere o presunte leadership personalistiche. Tutto ciò che Moro politico, accademico, docente, giurista e uomo non è stato.
