STEFANO PIRODDI E LA SUA SAGA DI SANDHALIA: PRESENTAZIONE AD ORISTANO [ADRIANO SITZIA]

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Venerdì 30 maggio protagonista dell’ormai tradizionale appuntamento mensile con la rassegna letteraria di ‘Shardano‘ presso il bar-pasticceria ‘Temptation‘ in via Biasi ad Oristano, è stato il noto scrittore ed editore cagliaritano Stefano Piroddi.
Piroddi, laurea in materie giuridiche, e grande passione per la storia soprattutto sarda, per le tradizioni, la musica ed in generale tutto ciò che è cultura, è salito agli onori della cronaca letteraria, non solo sarda, con il romanzo ‘Gli angoli remoti del presente‘, uscito circa tre lustri fa e che mette in scena una rivolta giovanile contro la pseudocultura scientistico-materialistica e consumistica contemporanea, fondata sull’homo oeconomicus e sull’homo consumens, di cui, a suo tempo, si occupò il Bauman. Ed è proprio contro la gratificazione indotta di bisogni materialmente edonistici imposti o comunque introiettati ad arte nelle menti delle persone, contro un mondo basato su apparenza e sballo che i protagonisti della storia piroddiana decidono di ribellarsi.
L’interesse suscitato da questo mio primo romanzo – ha aggiunto lo scrittore – attirò l’attenzione anche di un importante editore milanese, che mi contattò con l’intenzione di assicurarsi la pubblicazione di una nuova edizione del libro ed eventualmente anche i diritti di un mio futuro romanzo. C’era però una condizione: ‘Gli angoli remoti’ avrebbe dovuto subire una revisione testuale tale da smussarne tutti gli spigoli ideali del messaggio contenuto. Condizione che, ovviamente e recisamente, rifiutai. Fu proprio tale diniego a spingermi, qualche anno dopo, a fondare ‘La città degli dei’, cioè la mia casa editrice, quella che mi consente di far conoscere la mia arte e, con questa, la mia visione del mondo e della storia sarda senza filtri, senza mediazioni, senza compromessi censori“. 
Sì perché il discorso narrativo di Piroddi è intimamente connesso con la sua visione dell’esistenza e del mondo. Una visione che poggia su una interpretazione della storia mediterranea, riletta dal punto di vista non del pensiero mainstream, bensì da quello che, capovolgendo proprio i punti di vista, vede gli antichi Sardi non sempiternamente sottomessi, arretrati se non proprio frenologicamente sottosviluppati, bensì protagonisti, creatori di una cultura e di una civiltà insieme originali, avanzate e alternative a quelle indoeuropee e alla loro idea di mondo, di vita, di società e di potere. Un popolo, quello sardo, che, secondo Piroddi, conserva ancora oggi, seppur nascoste, le voci di questa sacertà, di tale magica sapienza ancestrale che era una vera e propria religione. Una fede avente come nucleo il binomio natura-cosmo e il conseguente rapporto di musicale armonia e rispetto tra l’essere umano e il contesto naturale che lo ospita e al cui servizio l’uomo si pone in un’intima relazione, tale da fare di ciascuna vita umana una vera e propria opera d’arte. 
Dal punto di vista storico, la rilettura delle vicende “sandahliane” proposta da Piroddi – come egli stesso ha voluto ripetutamente precisare venerdì – si basa appunto su un capovolgimento della tradizionale interpretazione delle fonti antiche, soprattutto di quelle egiziane disponibili a partire almeno dal XIV secolo in cui, tra i cosiddetti Popoli del mare, compaiono gli Shardana  pirati, predoni, ribelli, mercenari, guardie imperiali. Quegli Shardana che prendono parte, secondo la narrazione propagandistica del grande faraone Ramses/Ramess II (XIX dinastia, XIV-XIII sec.), anche alla celebre battaglia di Kadesh/Kinza contro gli Ittiti di Muwatalli II, e che lo stesso faraone ci racconta di aver sconfitto. Successivamente un altro faraone, Merenptah, narra di una battaglia vittoriosa contro la confederazione dei Nove Archi, composta da Libici e Popoli del mare, probabilmente alla fine del XIII secolo, mentre Ramses III riferisce di una grande invasione di questi stessi Popoli, che misero a ferro e fuoco vaste regioni del Medio Oriente e dell’Egitto (metà XII sec.), riuscendo ad insediarsi in alcune regioni egiziane e causando l’inizio della grande decadenza di questa millenaria civiltà. Non mancano anche coeve testimonianze ittite sulla particolare insidiosità delle incursioni dal mare di questi popoli, a cui probabilmente si deve la fine stessa di tale glorioso impero, così come di altre civiltà mesopotamiche (Mitanni) e degli stessi regni micenei, e l’inizio di ciò che conosciamo come Medioevo greco.
Secondo Piroddi, però, le cose potrebbero essere andate molto diversamente. Rifacendosi alla genesi del dominio medievale normanno sul nostro Mezzogiorno, per cui questi guerrieri del Nord, giunti come soldati di ventura, finirono per conquistare il potere, Piroddi immagina che qualcosa del genere possa essere accaduto anche per mano dei Popoli del mare, ed in particolare degli Shardana. E va pure oltre, ipotizzando che da una Sandhalia allora molto più densamente popolata di oggi (cita Tolomeo), possano essere partite flotte di giovani marinai e guerrieri inviati intenzionalmente in Oriente per combattere contro quegli imperi e regni colà insediati, perché portatori di una concezione religiosa, politica e sociale opposta alla loro e cioè antropocentrica, gerarchica, verticista, patriarcale, maschista in una sorta di vera e propria guerra sacra.
E questa visione sarebbe poi stata tramandata di generazione in generazione, alimentando nei secoli successivi quella che il più noto archeologo sardo, Giovanni Lilliu, efficacemente definì “costante resistenziale sarda“, contro tutti gli invasori, Cartaginesi, Romani ecc. ecc. e che, però, è come magicamente svanita dai libri di scuola e di storia. Al suo posto si trovano quelle arcinote etichette che privano la Sardegna della propria soggettività storico-politica e della sua unicità e originalità culturali, facendone sempre e soltanto una metternichiana espressione geografica: Sardegna fenicia, Sardegna punica, Sardegna romana, vandala, bizantina, genovese, pisana, aragonese,  spagnola, sabauda e italiana (con l’eccezione, peraltro non generalmente accettata, della Sardegna giudicale).
Proprio tale reinterpretazione delle vicende storiche sarde costituisce il core della saga di Sandhalia, che Piroddi, ispirato dal cortometraggio di Mauro Aragoni ‘Nuraghes s’arena‘ – quello con protagonista il rapper olbiese Salmo – dal 2018 sta portando avanti. Finora ne sono stati pubblicati tre capitoli: ‘Sandhalia. I due volti dell’anima‘ (2018); ‘Sandhalia. Il sogno di Amsicora‘ (2021); ‘Sandhalia. Il germoglio del sacro‘ (2024). A questi si aggiunge la graphic novel ‘Sandhalia. Una danza di amore e di morte‘, in collaborazione con il fumettista e disegnatore di San Gavino, Massimo Dall’Oglio (Nathan Never e tanto altro), uscita nel 2020. 
Il sottotitolo della saga, “l’epopea del popolo che osò sfidare Roma“, esplicita esaustivamente l’argomento della narrazione: la tenace e insuperabile resistenza sarda ai ripetuti tentativi di conquista e di asservimento da parte della superpotenza mediterranea dell’evo antico, cioè appunto Roma. Una resistenza che, sia nel III che nella prima metà del II secolo, vide la città dei sette colli intraprendere una lunga serie di campagne militari, molto dure e mai risolutive. Non si tratta di romanzi storici “manzoniani”, perché la fantasia inventiva lavora ingordamente e profondamente sul “vero”, sulla materia storica. Ma ciò che interessa a Piroddi è far conoscere ciò che, secondo lui, è stata ed ancora è la storia sarda, e cioè l’incontro-scontro con altre visioni e modelli di vita materiale e spirituale e di organizzazione socio-politica inconciliabilmente antitetici e, quindi, le ragioni di chi, apparentemente messo in un angolo sempre più stretto, in realtà – e nonostante tutto – ha saputo resistere e conservarsi: appunto i Sardi. 

Sotto: da sn Roberto Rampone, Stefano Orru’, lo scrittore Stefano Piroddi e Marco Oceani